Gli antagonisti recettoriali dei mineralcorticoidi nel paziente con insufficienza renale e scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta: nuove evidenze dal mondo reale.
di Alessandro Battagliese
13 Febbraio 2024

Spironolattone ed eplerenone hanno ridotto mortalità e ospedalizzazione nello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (HFpEF).

La prevalenza di insufficienza renale nello scompenso cardiaco è elevata e nelle forme più avanzate ha rappresentato sempre criterio di esclusione all’arruolamento nei grossi Trial clinici dedicati.

Le linee guida per lo Scompenso cardiaco ne raccomandano fortemente l’implementazione ma anche la sospensione o cautela di utilizzo in presenza di valori di eGFR < 30 ml/min/1,73m2.

Guidetti e coll hanno recentemente pubblicato su European Journal of Heart Failure uno studio osservazionale su pazienti del Registro Svedese” Swedish Heart Failure Registry”, con scompenso cardiaco, frazione di eiezione ridotta (< 40%) e insufficienza renale in cui hanno analizzato l’utilizzo dei MRA per diversi livelli di compromissione di filtrato glomerulare, la sicurezza degli stessi e gli outcome clinici.

Sono stati analizzati dati su circa 120000 pazienti raccolti in un periodo compreso tra il 2012 e il 2020.

Criteri di inclusione una FEVS < 40% e l’assunzione di MRA iniziata nei 5 mesi precedenti o nelle due settimane successive alla data indice di arruolamento. Criterio di esclusione la necessità di trattamento dialitico.

I pazienti sono stati stratificati in base al valore di filtrato glomerulare secondo la classificazione CKD KDOQI: > 60, 45-59; 30-44 e <30 ml/min/1,73 m2.

Obiettivo primario di sicurezza un composito renale consistente nella necessità di dialisi ad 1 anno, morte per cause renali, ospedalizzazione per insufficienza renale e iperpotassiemia.

Obiettivo secondario morte e ospedalizzazione per tutte le cause ad 1 anno.

La popolazione selezionata per lo studio in base ai criteri di arruolamento definiti, consisteva in 33942 pazienti con età media di 74 aa, prevalentemente di sesso maschile con una mediana di eGFR pari a 68ml/min/1,73m2.

L’utilizzo degli MRA in questa popolazione era mediamente del 51% (circa 18000 paz) in linea con i dati europei in letteratura con percentuali man mano decrescenti per valori minori di eGFR come ipotizzabile; tuttavia anche nel sottogruppo con insufficienza renale severa e eGFR < 30 ml/min/1,73m2 gli MRA erano on board nel 32% dei pazienti.

La percentuale di discontinuazione è stata dell’11% su un follow medio di 12 mesi.

È stata effettuata una analisi multivariata sulla popolazione generale al fine di identificare le caratteristiche cliniche indipendendentemente associate all’utilizzo degli MRA ed è stata poi valutata, mediante analisi di regressione di Cox uni e multivariata, l’associazione tra utilizzo di MRA e gli outcomes predefiniti.

Il valore di eGFR risultava il predittore indipendente più robusto di utilizzo della terapia con MRA con percentuali prescrittive di 2-3 volte superiori nel sottogruppo con eGFR > 60 ml/min/1,73m2 e tra 30 e 44 ml/min/1,73m2 rispetto al sottogruppo con eGFR < 30 ml/min/1,73m2.

Altri predittori indipendenti di utilizzo, erano i valori di potassio > 5 mmol/L, una classe funzionale NYHA più avanzata, la presenza di device e la concomitante terapia con diuretici dell’ansa, il concomitante utilizzo di beta bloccanti, la presenza di ipertensione, obesità o di una patologia epatica o valvolare.

Contrariamente, valori di FEVS > 30%, l’età > 70 aa, la concomitante presenza di malattia cerebrovascolare o cancro e l’assenza di follow up presso ambulatori dedicati, si associavano ad un minor utilizzo degli MRA.

Valori elevati di peptidi natriuretici risultavano essere un buon predittore indipendente solo nei pazienti con eGFR > 60.

Al follow up a 12 mesi non vi è stata alcuna differenza significativa dell’outcome primario renale composito (morte e ospedalizzazione per cause renali o per iperpotassiemia e ricorso a dialisi) tra pazienti in terapia con MRA e senza, indipendentemente dai valori di eGFR.

Nessuna differenza significativa a 12 mesi neppure sulla morte ed ospedalizzazione per tutte le cause.

Considerazioni

Questo studio osservazionale, nonostante le limitazioni metodologiche intrinseche, colma un gap presente in letteratura fornendo dati dal mondo reale sulla sicurezza di utilizzo degli MRA nell’HFrEF, in pazienti con severa compromissione renale, esclusi dai grossi trial clinici.

Sono stati inclusi 1834 pazienti con eGFR <30 ml/min/1,73 m2 e il 32% di essi era in trattamento con un MRA, che rappresenta l’analisi più ampia in questo contesto.

Nello studio, il 51% dei pazienti ha ricevuto un MRA. Un eGFR ≥ 60 ml/min/1,73 m2 è risultato essere il più forte predittore dell’uso dell’MRA. Nei modelli di regressione multivariata di Cox, l’uso dell’MRA non era associato a un rischio più elevato dell’endpoint renale composito a 1 anno, nonché di morte per tutte le cause e ospedalizzazione per tutte le cause. Il profilo di sicurezza dell’MRA era coerente tra le diverse classi di eGFR e in particolare anche nei pazienti con insufficienza renale cronica grave.

Dati di letteratura nei pazienti con HFrEF documentano l’aumentato rischio di eventi hard correlati alla sospensione di uno o più farmaci fortemente raccomandati dalle linee guida (RAASi + BB+ Gliflozine) e nel caso specifico degli MRA.

Lo studio fornisce evidenze a riguardo della sicurezza di impiego degli stessi a condizione che ci sia un adeguato follow up clinico laboratoristico.

I nuovi farmaci chelanti del potassio rappresentano una strategia utile per supportare la continuazione dei trattamenti con MRA in questo setting.

Bibliografia

Guidetti F, Lund LH, Benson L et al. Safety of continuing mineralocorticoid receptor antagonist treatment in patients with heart failure with reduced ejection fraction and severe kidney disease: Data from Swedish Heart Failure Registry. European Journal of Heart Failure (2023) 25, 2164–2173 doi:10.1002/ejhf.3049