Fat-but-Fit la conferma che lo sport migliora la salute
di Simone Budassi
22 Marzo 2021

La scoperta che il fitness cardiorespiratorio (FCR) riducesse la mortalità ha ormai più di 30 anni [1]. Da allora vari studi epidemiologici hanno rafforzato la convinzione che l’allenamento fisico migliorasse lo stato di salute generale e modificasse l’associazione tra mortalità e obesità. Una metanalisi pubblicata nel 2014 ha cercato di sintetizzarli raggiungendo le stesse conclusioni [2].

In un articolo appena pubblicato su Journal of the American Heart Association Tarp e colleghi [3] hanno analizzato una numerosa corte osservazionale di pazienti, impiegando i dati della UK Biobank, disegnata per migliorare la prevenzione, la diagnosi e il trattamento di malattie croniche. Gli autori hanno effettuato uno sforzo metodologico imponente per eliminare i seguenti bias degli studi fin qui condotti sull’argomento:

  • alcuni di questi studi erano limitati a pazienti con malattia coronarica o diabete mellito.
  • Il BMI è un indicatore pratico ma imperfetto, che prende poco in considerazione la quantità di tessuto adiposo, utilizzando soltanto il peso e non differenziando pazienti con peso simile ma differente composizione corporea.
  • Malattie conclamate o in uno stato subclinico possono risultare in una riduzione della capacità funzionale o in una perdita patologica di peso corporeo, con riduzione del body weight.
  • Il fumo di sigaretta può avere impatto su FCR e sul peso corporeo

Gli autori, con rigore statistico, hanno incluso 77169 pazienti di cui il 53% donne, con età media di 57.8 anni al baseline.

Al follow up medio di 7.7 anni il 2.2% dei pazienti è deceduto. Le cause di morte nel sesso femminile erano cancro nel 73% e malattie cardiovascolari (CVD) nel 14%. La morte negli uomini era dovuta a cancro nel 59% e CVD nel 22%. I pazienti sono stati divisi in 4 categorie:

  • Categoria Fitness (CRF); i soggetti senza cancro e CVD con più di 2 anni di follow-up sono stati suddivisi in tre categorie fitness che tenevano conto della distribuzione in quintili dell’attività fisica.
  • Categorie combinate Fitness-BMI
  • Categorie BF%, in assenza di cutoff stabiliti per body fat (BF)%, le categorie BF% sono state create sulla distribuzione specifica per sesso tra individui senza cancro e CVD.
  • Categorie combinate Fitness-BF%

In generale i pazienti poco allenati avevano più adiposità corporea e meno massa magra, rispetto a quelli allenati in tutte le categorie di BMI. Nell’analisi delle associazioni indipendenti il livello di allenamento più elevato era associato a più bassa mortalità in uomini e donne dopo aggiustamento per cancro e CVD. All’analisi di regressione di Cox, stratificata per sesso, dopo esclusione di individui con malattia cardiovascolare e cancro, con almeno due anni di follow up e utilizzando misure dirette di composizione corporea, la mortalità risultava 1.78 volte più alta in uomini non allenati obesi (95% CI, 1.17-2.71) ma non più alta in uomini obesi ma allenati (0.94; 95% CI, 0.60-1.48). L’utilizzo di un modello più conservativo nelle donne invece ha portato a risultati completamente diversi: se infatti nel modello basale la mortalità era simile all’uomo, nei modelli successivi, che tenevano conto della composizione corporea, non si è osservato un aumento del rischio in donne obese non allenate (HR 1.09 [95% CI, 0.68-1.77]) [tabella 1]. Anche la condizione di normopeso ma non allenato era associata ad aumentata mortalità in uomini e donne nel modello basale, cosa che si attenuava di circa il 30% in modelli successivi negli uomini e si invertiva nelle donne (HR, 0.63 [95% CI, 0.61-0.98]). L’importanza dell’allenamento fisico era ancora più marcata negli uomini obesi ma fit, che avevano la metà del rischio di mortalità prematura dei coetanei con peso normale ma fenotipo non allenato (HR 0.55 [0.95%, CI 0.36-0.85]).

La vera novità di questo studio è l’elevato sforzo statistico degli autori per ridurre i bias. I modelli sono infatti stati aggiustati per età, sesso, status sociale, educazione, partner status, etnia, stato lavorativo, tipo di dieta, quantità di alcool consumata, fumo, quantità di ore di televisione vista, depressione, asma, terapia ormonale sostitutiva nelle donne, utilizzo di farmaci (Beta Bloccanti, statine), ipertensione, diabete mellito e cancro, creando dei modelli basali iniziali e dei modelli sempre più conservativi al fine di ridurre il peso di tutti questi fattori confondenti [tabella 1].

La domanda che sorge spontanea è come modificare la nostra pratica clinica in relazione a questi risultati. L’attenzione ai fattori di rischio cardiovascolare, a livelli di colesterolo, pressione arteriosa e glicemia sono ormai cardini dei suggerimenti che il cardiologo clinico prescrive ai suoi pazienti durante le visite di follow up. Spesso però viene data meno enfasi all’attività fisica che, oltre agli indubbi benefici sul controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, anche in assenza di riduzione del peso corporeo, porta ad un miglioramento della capacità cardiovascolare del paziente e quindi ad una riduzione della mortalità.

Forse il principale presidio terapeutico, prima dei farmaci e prima di qualsiasi intervento, dovrebbe essere l’allenamento aerobico regolare che agisce sulla mortalità direttamente, aumentando lo stato di allenamento del paziente e indirettamente migliorando il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare.

Tabella 1

 

Modello 1 Forma fisica in W/kg combinata con le categorie di BMI, aggiustando per cancro e CVD.

Modello di base, senza restrizioni, utilizzando un approccio analitico comune agli studi precedenti

Modello 2 si basa sul modello 1, iniziando il follow-up 2 anni dopo il basale ed escludendo gli individui con cancro o CVD
Modello 3 si basa sul modello 2 e si limita ai non fumatori
Modello 4 si basa sull’idoneità in W/kg fat free mass (FFM) combinato con le categorie BF%, iniziando il follow-up 2 anni dopo il basale ed escludendo individui con cancro o CVD
Modello 5 5 si basa sul modello 4 e si limita ai non fumatori.

 

References

[1] Blair SN, Kohl HW III, Paffenbarger RS Jr, Clark DG, Cooper KH, Gibbons LW. Physical fitness and all-cause mortality. A prospective study of healthy men and women. JAMA. 1989;262:2395–2401. DOI:
10.1001/jama.1989.03430170057028

[2] Barry VW, Baruth M, Beets MW, Durstine JL, Liu J, Blair SN. Fitness vs. fatness on all-cause mortality: a meta-analysis. Prog Cardiovasc Dis. 2014;56:382–390. DOI: 10.1016/j.pcad.2013.09.002.

[3] Tarp J, Grøntved A, Sanchez‐Lastra M A, Dalene K E, Ding D, Ekelund U. Fitness, Fatness, and Mortality in Men and Women From the UK Biobank: Prospective Cohort Study. JAHA. 2021;10:e019605