Beneficio netto dell’anticoagulazione nella fibrillazione atriale rilevata da un dispositivo subclinico.
La terapia anticoagulante orale riduce efficacemente il rischio di ictus ischemico nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) (1-2). Queste evidenze nella prevenzione dell’ictus derivano però da studi condotti su pazienti con FA clinica. I dispositivi elettronici impiantabili cardiaci e quelli indossabili, che sono in grado di rilevare episodi asintomatici di FA di breve durata che in precedenza non sarebbero stati rilevati, hanno portato in evidenza un nuovo contesto clinico, la cosiddetta FA subclinica. Il ruolo dell’anticoagulazione orale in questo nuovo ambito è ancora poco chiaro. Recentemente 2 studi randomizzati, NOAH-AFNET 6 (3) e ARTESIA (4), hanno cercato di valutare il beneficio dei nuovi farmaci anticoagulanti (NOAC) nei pazienti con FA subclinica rilevata dai device. Lo studio NOAH-AFNET 6 è stato interrotto prematuramente a causa di problemi di sicurezza, con un aumento di 2 volte del sanguinamento maggiore con la terapia NOAC e nessuna differenza statisticamente significativa nei tassi di ictus. Al contrario, lo studio ARTESIA ha riportato che l’anticoagulazione ha ridotto significativamente il rischio di ictus ischemico a scapito però di un tasso di sanguinamento più elevato. Il tasso assoluto di ictus (circa 1 ogni 100 anni-paziente) è stato inferiore al previsto in entrambi gli studi. Sebbene inizialmente i risultati di questi 2 studi sembrassero essere discordanti, la loro meta-analisi ha invece dimostrato che l’effetto del trattamento era coerente con una diminuzione del 32% del rischio di ictus ischemico con NOAC, al prezzo però di un rischio maggiore del 62% di sanguinamento maggiore (5).
Molte domande clinicamente rilevanti rimangono quindi ancora senza risposta anche dopo la pubblicazione di questi studi. Il rischio di ictus nei pazienti con FA subclinica sembra essere basso e determinare se la riduzione di un terzo di questo rischio di ictus già basso valga l’aumento di due terzi del sanguinamento maggiore può essere difficile. Il mero confronto numerico degli eventi, ischemici ed emorragici, inoltre, non coglie il vero significato clinico degli stessi, poiché la loro gravità varia considerevolmente. Soppesare intuitivamente l’impatto dei possibili risultati dell’anticoagulazione sulla vita di un individuo è complesso già per il medico, figuriamoci comunicare efficacemente queste informazioni al paziente per “consentire un processo decisionale condiviso”, come suggerito dalle ultime linee guida sulla fibrillazione atriale.
Un recente studio (6) ha perciò cercato di chiarire queste importanti aree di incertezza con un’analisi dei dati dei due studi randomizzati precedentemente citati, mediante il modello decisionale di Markov che è costituito “da più stati di salute tra cui gli individui possono muoversi in base a specifiche probabilità di transizione”. Al netto della complessità e della difficoltà di comprensione del metodo statistico utilizzato e assumendo come attendibili i suoi risultati, quello che emerge dall’analisi è che l’effetto netto della decisione di iniziare o meno i NOAC sugli anni di vita aggiustati per la qualità (QALY) di un paziente con FA subclinica può in realtà avere un significato clinico molto limitato. Durante il periodo di simulazione di 10 anni considerato nello studio i pazienti trattati con NOAC hanno infatti avuto meno ictus ischemici e più eventi emorragici maggiori ma ciò ha portato a un numero solo marginalmente più elevato di anni di vita totali e QALY rispetto ai pazienti non scoagulati. La differenza a favore della terapia anticoagulante, nei 10 anni della simulazione, corrispondeva, infatti, ad approssimativamente solo 1 settimana di vita aggiustata per la qualità. Analogamente la terapia anticoagulante è stata associata a una riduzione marginale della mortalità, che si traduceva in media a soli 9 giorni di vita per paziente in 10 anni.
I limiti più importanti dello studio sono legati alle sfide intrinseche alla riduzione in modelli matematici di scenari di vita reale complessi. In tale contesto, infatti, l’incertezza dei parametri considerati può influenzare i risultati dell’analisi principale. Inoltre, il modello non ha tenuto conto dell’impatto dell’uso degli anticoagulanti di per sé sulla qualità della vita, come i costi associati, le visite in farmacia, gli effetti avversi minori e la necessità di ulteriori esami del sangue.
La conclusione degli autori è che l’inizio della terapia anticoagulante in pazienti con FA subclinica rilevata dai device è associata a QALY solo minimamente più elevati. Inoltre, i benefici sono incerti e la dimensione dell’effetto non sembra essere clinicamente significativa. Nel complesso, a loro giudizio, i risultati non supportano dunque l’uso di routine di NOAC per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA subclinica. La complessità statistica dello studio impone ovviamente di valutare i suoi risultati con molta cautela certamente però questo lavoro ribadisce l’importanza di stratificare il più possibile le caratteristiche dei pazienti con FA subclinica, cercando di differenziare il più possibile quelli a maggior rischio trombotico ed a minor rischio emorragico ed evitando l’indiscriminato ricorso alla terapia anticoagulante orale.
Bibliografia:
1.Ruff CT, Giugliano RP, Braunwald E, et al. Comparison of the efficacy and safety of new oral anticoagulants with warfarin in patients with atrial fibrillation: ameta-analysis of randomised trials. Lancet 2014;383(9921):955-962. doi:10.1016/S0140-6736(13)62343-0
2. Hart RG, Pearce LA, Aguilar MI. Meta-analysis: antithrombotic therapy to prevent stroke in patients who have nonvalvular atrial fibrillation. Ann Intern Med 2007;146(12):857-867. doi:10.7326/0003-4819-146-12-
200706190-00007
3. Kirchhof P, Toennis T, Goette A, et al; NOAH-AFNET 6 Investigators; NOAH-AFNET6 sites and investigators. Anticoagulation with edoxaban in patients with atrial high-rate episodes. N Engl J Med 2023;389(13):1167-1179. doi:10.1056/NEJMoa2303062
4. Healey JS, Lopes RD, Granger CB, et al; ARTESIA Investigators. Apixaban for stroke prevention in subclinical atrial fibrillation. N Engl J Med 2024;390(2):107-117. doi:10.1056/NEJMoa2310234
5. McIntyre WF, Benz AP, Becher N, et al. Direct oral anticoagulants for stroke prevention in patients with devicedetected atrial fibrillation: a study-levelmeta-analysis of the NOAH-AFNET 6 and ARTESiA trials. Circulation 2024;149(13):981-988. doi:10.1161/CIRCULATIONAHA.123.067512
6. Winstén AK, MSc; Langén V, Airaksinen KEJ et al. Net Benefit of Anticoagulation in Subclinical Device-Detected Atrial Fibrillation. JAMA Network Open. 2025;8(5):e258461. doi:10.1001/jamanetworkopen.2025.8461