Endocardite e PET-TC: un possibile strumento diagnostico aggiuntivo?
di Marco Triggiani
07 Dicembre 2020

Una donna di 41 anni, normotesa, non diabetica né fumatrice accede al PS del nostro nosocomio per dolore toracico prolungato e persistente, non correlato con lo sforzo fisico ma accentuato dalla posizione supina. La paziente non assumeva alcuna terapia in cronico a domicilio e, fatta eccezione per un intervento di chiusura percutanea di forame ovale pervio con Amplatzer ASD occluder (ASO) a cui si era sottoposta due anni prima, dall’anamnesi non emergevano altri precedenti, cardiologici e non, degni di nota. L’elettrocardiogramma a 12 derivazioni eseguito in PS non mostrava significative alterazioni della ripolarizzazione ventricolare, mentre l’ecocardiogramma transtoracico evidenziava un versamento pericardico di moderata entità, non tamponante, e di possibile natura ematica.

La paziente è stata pertanto ricoverata presso la nostra Divisione per ulteriori accertamenti. Dai risultati degli esami ematochimici è emersa un lieve anemia (Hb 10.5 g/dL) e un lieve incremento dei valori di proteina C reattiva (50 mmol/L); i restanti esami risultavano sostanzialmente normali, compresi il dosaggio dei marcatori tumorali, i test sierologici per i virus cardiotropi e le emocolture.

 

Figura 1: Immagini della PET-TAC che mostrano un intensa e anomala captazione del tracciante (fluoro-18-fluorodeossiglucosio) a livello del versante sinistro del setto interatriale

 

Al fine di escludere la presenza di una patologia tumorale quale possibile causa del versamento pericardico di verosimile natura ematica, abbiamo deciso di sottoporre la paziente a scintigrafia total body con PET-TC tomografia a emissione di positroni con fluoro-18-fluorodeossiglucosio (18F-FDG-PET) + TAC total body. L’esame ha rilevato un’intesa e anomala captazione del tracciate (il fluoro-18-fluorodeossiglucosio) a livello del versante sinistro del setto interatriale, compatibile con la presenza di un anomala attività metabolica/infiammatoria (Figura 1).

La successiva indagine con ecocardiogramma transesofageo che ha evidenziato la presenza di un massa delle dimensioni di 6-8 mm, mobile, adesa al versante atriale dell’ASO, compatibile con endocardite infettiva (Figura 2).

 

Figura 2: Immagini dell’ecocardiogramma transesofageo che evidenziano la presenza di una piccola massa mobile adesa al versante sinistro del device Amplatzer, compatibile con vegetazione endocarditica.

 

È stato pertanto iniziato trattamento antibiotico empirico con Sulfamicillina, Levofloxacina e Rifampicina per via endovenosa per 3 settimane. Al successivi controlli con ecocardiogramma transtoracico è stata osservata la progressiva riduzione dell’entità del versamento pericardico. Si è inoltre osservata la normalizzazione dei livelli plasmatici di proteina C reattiva e la scomparsa dell’anemia. Su consiglio del collega infettivologo la terapia antibiotica è stata proseguita anche a domicilio con Levofloxacina e Rifampicina per via orale per altre 6 settimane. Il controllo 18-F-FDG-PET al 3° mese di follow-up ha mostrato una riduzione dell’attività metabolica nel sito di infezione che corrispondeva a una riduzione della dimensione della vegetazione osservata al successivo controllo con ecocardiogramma transesofageo. Entrambi gli esami ripetuti al 6° mese di follow-up hanno evidenziato la completa risoluzione dell’endocardite infettiva.

 

 DISCUSSIONE

L’imaging nucleare molecolare può essere un valido strumento diagnostico aggiuntivo nei pazienti affetti da endocardite infettiva, in particolare per confermare o escludere la diagnosi in quei casi che presentano dubbi diagnostici e sono classificati come ‘Endocarditi infettive possibili’ secondo i criteri di Duke. Lo sviluppo di tomografi ibridi consente ad oggi di combinare le informazioni molecolari fornite dalla SPECT (single-photon emission computed tomography) o dalla PET (positron emission tomography) con quelle anatomiche fornite dalla TAC ottenendo una accurata localizzazione anatomica delle lesioni scintigraficamente attive. La SPECT-TC viene utilizzata per visualizzare l’accumulo, nell’area di sospetta infezione, di leucociti autologhi prelevati dal paziente, premarcati “in vitro” e re-iniettati nel paziente. La PET-TC si basa invece sull’utilizzo di fluorodesossiglucosio marcato con un isotopo emittente positroni (18F-FDG) che, una volta iniettato viene attivamente estratto dalle cellule ad elevata attività metabolica glucidica come quelle presenti nelle zone di infezione (leucociti, monociti, macrofagi e linfociti T CD4+). Esistono relativi vantaggi e svantaggi di ciascuna delle due metodiche. La PET-TC con 18F-FDG ha il vantaggio di una più semplice esecuzione, di un tempo di acquisizione più breve, di una maggiore risoluzione spaziale e di una più elevata sensibilità. Essa tuttavia non può discriminare tra processi infiammatori ed infettivi. Ad esempio, nei pazienti sottoposti a recente sostituzione valvolare e con sospetta endocardite protesica la reazione infiammatoria post-chirurgica nei primi due mesi può causare falsi positivi. Inoltre ha il limite della fisiologica captazione del tracciante in tessuti ad elevata attività metabolica glucidica.

La SPECT-TC con leucociti marcati offre una maggiore specificità per la detenzione di endocardite infettiva e di foci infettivi a distanza. Tuttavia la marcatura in vitro di leucociti autologhi richiede specifiche attrezzature, tempo e manipolazione dei prelievi ematici.

Pur non essendo disponibili dati sufficienti per raccomandare tale approccio, le ultime linee guida ESC per la diagnosi e il trattamento dell’endocardite infettiva, annoverano le metodiche nucleari, ed in particolare la PET-TC, anche quale possibile strumento per il monitoraggio della risposta al trattamento antimicrobico.