Un medico, rimasto negli annali come dottor Anonyinous, sofferente di angina pectoris, si rivolse a Heberden per consigli e cure. Vista l’inutilità delle terapie, prevedendo prossima la fine, lo pregò di sottoporto ad autopsia perché potesse capire la causa della sua malattia. Puntualmente Heberden fece fare la necroscopia. I periti settori non esaminarono le coronarie, perché non erano soliti controllare quelle piccole arterie che si ramificavano nel miocardio, alle quali attribuivano scarsa importanza e non trovarono la causa della morte. Nello stesso periodo, sempre a Londra fra i medici del St. George Hospital, ve ne erano due che sono entrati come protagonisti nella storia dell’angina pectoris: John Hunter chirurgo e fisiologo e Edward Jenner che lo diventerà pochi anni più tardi. Hunter, di origine irlandese, chiamato “il caro uomo”, soffriva di grave angina pectoris. Un mattino del 1793 dopo essere stato apertamente e ingiustamente contraddetto nel corso di una riunione nell’ospedale, si allontanò con “rabbia silenziosa” e nella stanza vicina emise un lungo gemito e cadde morto. Aveva 65 anni Hunter aveva previsto di morire per una crisi di angina. Toccò a Jenner il compito di fare l’autopsia e non trascurò le coronarie, che trovò talmente indurite da far fatica a tagliarle. Intuì che poteva esserci una stretta relazione fra i dolori precordiali lamentati da Hunter, le sue coronarie indurite e ristrette e la sua morte improvvisa, ma trattandosi del suo amato maestro non volle pubblicare l’esito dell’autopsia né queste sue intuizioni.
Edward Jenner