Dapagliflozin nel paziente con scompenso cardiaco e peggioramento della funzione renale: Don’t stop me now!!!
di Vittoria Rizzello
21 Novembre 2023

Le gliflozine hanno dimostrato di migliorare l’outcome di pazienti con scompenso cardiaco (SC), indipendentemente dalla frazione di eiezione del ventricolo sin (LVEF) e sono raccomandare con forza dalle linee-guida internazionali (1-2).

Nei trial sullo SC la prescrizione di dapagliflozin ed empagliflozin era consentita per valori di GFR > 25 e >20 ml/min/1.73m2 rispettivamente. L’utilizzo delle gliflozine si associa a un precoce e transitorio peggioramento della funzione renale a cui segue un più tardivo miglioramento degli end-point renali.

Nella pratica clinica è quindi possibile che durante l’assunzione di gliflozine il GFR scenda al di sotto dei cut-off per cui i farmaci sono raccomandati. Tale situazione può rappresentare un dilemma per il clinico che deve decidere se mantenere in terapia il paziente o discontinuare il farmaco. Nei trial DAPA-HF e DELIVER questa decisione è stata lasciata al singolo medico che gestiva il paziente. Questo ha dato la possibilità di andare ad analizzare, in una sotto-analisi pre-specificata pooled dei due trial, l’outcome di pazienti con peggioramento del GFR al di sotto di 25 ml/min/1.73m2 vs pazienti senza peggioramento del GFR. I risultati di questa analisi sono stati recentemente pubblicati su JACC (3).

Degli 11.007 pazienti arruolati nei  2 trial, 347 (3.2%) hanno presentato  un peggioramento del GFR al di sotto di 25 ml/min/1.73m2 almeno una volta durante lo studio. Tale peggioramento si presentava nel 20% dei pazienti entro in primo mese dalla randomizzazione e nell’80% dei casi dopo il primo mese. Il rischio di deterioramento era simile nei pazienti randomizzati a dapagliflozin o placebo. Nei 2/3 dei pazienti con deterioramento del GFR, il trattamento veniva continuato.

L’incidenza dell’end-point primario (un composito di primo peggioramento dello SC o morte cardiovascolare) è stata circa il doppio nei pazienti con peggioramento del GFR rispetto ai pazienti senza peggioramento (HR 1.87; 95% IC 1.48-2.35). L’efficacia di  dapagliflozin nella riduzione dell’end-point primario è risultata indipendente dalla presenza di deterioramento della funzione renale  (HR 0.53; 95% IC  0.33-0.83 nei pazienti con peggioramento del GFR  e HR 0.78; 95% IC  0.72-0.86 nei pazienti senza peggioramento). Poiché i pazienti con deterioramento del GFR avevano un rischio più alto di eventi, la riduzione del rischio assoluto con dapagliflozin rispetto a placebo è stata maggiore nel  gruppo di pazienti con declino del GFR sotto 25 ml/min/1.73m2 (rispettivamente, 14,5/100 persone-anno vs 25,2/100 persone-anno), rispetto ai pazienti senza tale declino (rispettivamente, 9/100 persone-anno vs 11.4/100 persone-anno).

Gli eventi avversi  sono stati più frequenti nei pazienti con deterioramento della funzione renale, rispetto ai pazienti che non presentavo tale deterioramento. Tuttavia, la frequenza di eventi avversi (compresi quelli che portavano a interruzione del farmaco) non era statisticamente differente nei pazienti randomizzati a placebo o dapagliflozin.

Considerazioni:

I risultati di questa analisi pooled dei trial DAPA-HF e DELIVER appaiono molto confortanti per il clinico che si occupa di SC. Innanzitutto, dimostrano come, in corso di terapia con dapagliflozin, il peggioramento della funzione renale sotto cut-off critici è piuttosto rara. Inoltre, quest’evenienza non appare direttamente imputabile all’effetto del farmaco in quanto è nell’80% dei casi tardiva e comunque non significativamente differente rispetto al placebo. Piuttosto, tale deterioramento è più verosimilmente correlato a caratteristiche cliniche più vulnerabili che predispongono  i pazienti a un declino della funzione renale, indipendente dai farmaci assunti. Infatti, i pazienti con evidenza di peggioramento del GFR erano più anziani, più spesso donne con una funzione renale di base già più compromessa e presentavano valori di peptidi natriuretici più elevati, più comorbidità, maggiore LVEF e minor utilizzo di farmaci per lo SC.

Inoltre, i dati dimostrano che l’impatto prognostico del farmaco è mantenuto e anzi amplificato nei pazienti con peggioramento del GFR, coerentemente con i risultati degli studi sulle gliflozine nei pazienti con nefropatia (4-5).

Globalmente, quindi, questi risultati rassicurano sulla prosecuzione della terapia con dapliflozin nei pazienti con declino del GFR al di sotto di 25 ml/min/1.73m2 e pertanto appaiono molto rilevanti nella pratica clinica quotidiana .

References:

  1. McDonagh TA, Metra M, Adamo M, et al; ESC Scientific Document Group. 2023 Focused Update of the 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J. 2023;44:3627-3639.
  2. Heidenreich PA, Bozkurt B, Aguilar D, et al. 2022 AHA/ACC/HFSA Guideline for the Management of Heart Failure: Executive Summary: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Joint Committee on Clinical Practice Guidelines. Circulation. 2022;145:e876-e894..
  3. Chatur S, Vaduganathan M, Claggett BL, et al. Dapagliflozin in Patients With Heart Failure and Deterioration in Renal Function. J Am Coll Cardiol. 2023;82:1854-1863.
  4. Heerspink HJL, Stefánsson BV, Correa-Rotter R, et al; DAPA-CKD Trial Committees and Investigators. Dapagliflozin in Patients with Chronic Kidney Disease. N Engl J Med. 2020;383:1436-1446.
  5. The EMPA-KIDNEY Collaborative Group; Herrington WG, Staplin N, Wanner C, et al. Empagliflozin in Patients with Chronic Kidney Disease. N Engl J Med. 2023;388:117-127.