Dapagliflozin durante il ricovero per scompenso cardiaco: analisi del trial DAPA ACT HF–TIMI 68
di Alessandro Battagliese
01 Settembre 2025

L’ospedalizzazione per scompenso cardiaco rappresenta uno dei momenti più delicati nella storia clinica del paziente. Il rischio di riacutizzazione e di eventi cardiovascolari maggiori nelle settimane successive alla dimissione è elevato. In questo contesto, avviare precocemente terapie modificanti la prognosi è cruciale. Gli SGLT2 inibitori hanno dimostrato efficacia nello scompenso cronico indipendentemente dalla frazione di eiezione e dalla presenza di diabete, ma rimaneva aperta la questione sulla sicurezza e l’efficacia di un inizio intra-ricovero.

Lo studio DAPA ACT HF-TIMI 68

DAPA ACT HF–TIMI 68 è uno studio internazionale, randomizzato e controllato con placebo, che ha arruolato oltre 2.400 pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto, sia de novo sia su base cronica. Dopo stabilizzazione clinica, i pazienti sono stati randomizzati a ricevere dapagliflozin 10 mg oppure placebo, con follow-up a 60 giorni. L’end-point primario era la combinazione di morte cardiovascolare o peggioramento dell’insufficienza cardiaca.

Popolazione e terapia in corso

L’età media era di 69 anni, un terzo donne, con circa il 70% dei pazienti a frazione di eiezione ridotta (≤40%) e un terzo con diabete. Una quota consistente (circa il 45%) era al primo episodio di scompenso. La pressione arteriosa sistolica media era di 119 mmHg, con eGFR intorno a 63 ml/min/1,73 m². Al momento della randomizzazione, la terapia in corso rifletteva la pratica clinica reale: beta-bloccanti nell’81–84%, inibitori del RAAS (ACE-inibitori/ARB/ARNI) nel 69–71% (con ARNI nel 26–28%), antagonisti dei mineralcorticoidi nel 48–49%, mentre diuretici erano pressoché universali. La terapia con SGLT2i era esclusa per disegno.

Risultati

I risultati dello studio sono stati presentati nella Hot line Session del recente congresso Europeo di Cardiologia e pubblicati su Circulation.

L’end-point primario non ha raggiunto la significatività statistica: 10,9% di eventi nel gruppo dapagliflozin contro 12,7% nel gruppo placebo (HR 0,86; p=0,20). Le singole componenti, morte cardiovascolare e peggioramento dello scompenso, erano numericamente inferiori nel gruppo attivo, ma non significative. La mortalità totale ha mostrato una riduzione dal 4,5% al 3,0% con dapagliflozin (HR 0,66; IC 95% 0,43–1,00), un segnale al limite della significatività. Il profilo di sicurezza è risultato coerente con quanto noto per la classe: leggero incremento di ipotensione sintomatica e di eventi renali precoci, nessun caso di chetoacidosi diabetica.

Il contesto della letteratura

Considerato da solo, DAPA ACT HF–TIMI 68 può sembrare neutro. Tuttavia, integrato con EMPULSE e con la sottoanalisi in-hospital di SOLOIST-WHF, emerge un quadro più solido: la meta-analisi pre-specificata dei tre studi documenta una riduzione significativa degli eventi precoci, con una diminuzione del 29% del rischio combinato di morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso e una riduzione del 43% della mortalità totale entro 60–90 giorni.

Implicazioni cliniche

Nella pratica clinica, gli SGLT2i possono essere iniziati in reparto non appena il paziente sia stabilizzato, evitando ritardi fino alla visita ambulatoriale. È fondamentale valutare lo stato volemico, monitorare la pressione arteriosa e controllare la funzione renale nei giorni successivi all’avvio. L’inizio andrà rimandato solo nei pazienti instabili emodinamicamente, con ipotensione sintomatica o con peggioramento renale acuto.

Conclusioni

Il trial DAPA ACT HF–TIMI 68 non ha raggiunto il suo end-point primario, ma ha fornito informazioni preziose: ha confermato la sicurezza di iniziare dapagliflozin durante il ricovero e ha suggerito un possibile beneficio sulla mortalità totale. Integrando questi dati con altre evidenze, la strategia di avvio intraospedaliero degli SGLT2i appare non solo sicura, ma anche in grado di ridurre eventi precoci e migliorare la prognosi. L’ospedalizzazione rappresenta dunque una finestra terapeutica da non sprecare: l’introduzione precoce degli SGLT2 inibitori, accanto ai tre altri pilastri della terapia (beta-bloccanti, RAASi/ARNI, MRA), consente di mettere rapidamente il paziente sulla traiettoria di una terapia completa e prognosticamente utile. Questo approccio si allinea con le più recenti linee guida europee e americane, che sottolineano l’importanza di iniziare i farmaci cardine già durante il ricovero, per massimizzare l’impatto prognostico in un momento di elevata vulnerabilità.

Bibliografia:

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