Danni da chemioterapici per il tumore al seno: ace-inibitori e betabloccanti proteggono?
di Camilla Cavallaro intervista Irma Bisceglia
17 Marzo 2023

Cavallaro: L’aumento dei “survivors” del tumore al seno ha portato allo sviluppo di un grande interesse nel campo della prevenzione e del trattamento della cardiotossicità; quali sono le ultime raccomandazioni in merito alla terapia cardioprotettiva?

Bisceglia: Sebbene i primi studi suggerissero un beneficio complessivo sulla funzione cardiaca con l’utilizzo degli ace-inibitori (ACEI) e beta bloccanti (BB), studi randomizzati più recenti hanno dimostrato un effetto modesto o nullo degli interventi farmacologici. Data l’incompletezza delle evidenze non esiste un chiaro consenso su quali pazienti debbano iniziare una terapia cardioprotettiva. Come raccomandato nelle nuove linee guida della società europea di cardiologia la stratificazione del rischio prima del trattamento è fondamentale per identificare i pazienti ad alto rischio che trarrebbero i maggiori benefici dall’utilizzo della terapia di cardioprotezione.

Cavallaro: E’ corretto definire la cardiotossicità esclusivamente come riduzione della funzione sistolica ventricolare sinistra (VS) e/o lo sviluppo di un’insufficienza cardiaca?

Bisceglia: Non proprio, le linee guida ESC da poco pubblicate hanno classificato la cardiotossicità in sintomatica e asintomatica ed hanno enfatizzato il ruolo del global longitudinal strain (GLS) e del dosaggio dei biomarcatori in aggiunta alla sola misurazione della FEVS per la definizione e caratterizzazione delle classi di rischio e delle diverse forme di cardiotossicità.

Cavallaro: Quale è l’incidenza della cardiotossicità da antracicline (AC) e da trastuzumab?

Bisceglia: L’incidenza di cardiotossicità delle AC varia notoriamente in relazione alla dose cumulativa somministrata. In uno studio di Cardinale et al. su pazienti adulti trattati con AC e è stata riscontrata un’incidenza di tossicità cardiaca del 9% e nel 98% dei casi questa si è verificata entro il primo anno dopo il completamento del trattamento.

In una recente analisi di oltre 4000pazienti trattate in adiuvante con trastuzumab si è osservata un’incidenza dell’8,7% di disfunzione VS paucisintomatica o asintomatica e un’insufficienza cardiaca sintomatica nel 2% delle pazienti. mentre gli studi su popolazione hanno riportato tassi di incidenza più elevata rispetto ai trial clinici; infatti in un’ampia analisi retrospettiva pubblicata nel 2021 da Battisti et al., l’incidenza di cardiotossicità nei pazienti trattati con trastuzumab è stata del 16,6% e lo sviluppo di insufficienza cardiaca sintomatica è stata del 5,0%.

Cavallaro: In caso di diagnosi di cardiotossicità da antraciciline, quali sono gli accorgimenti e gli interventi farmacologici da mettere in atto?

Bisceglia: Le misure includono la sostituzione con farmaci antitumorali alternativi, la riduzione della dose di AC, formulazioni speciali, come la doxorubicina liposomiale. Invece gli interventi cardioprotettivi specifici, testati in studi randomizzati e controllati, includono il trattamento concomitante con dexrazoxano e il trattamento con bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB) o inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEI) e/o beta bloccanti (BB).

Cavallaro: Quali sono i risultati dei più recenti studi sull’azione cardioprotettiva di ace inibitori sartani e betabloccanti?

Bisceglia: Lo studio PRADA (Prevention of Cardiac Dysfunction During Adjuvant Breast Cancer Therapy) ha valutato l’azione cardioprotettiva di candesartan, BB (metoprololo) o placebo. A seguito di un follow-up di due anni (PRADA EXTENDED trial) non c’era nessuna differenza significativa  nella riduzione della FEVS misurata con RMC tra i gruppi. Nel gruppo che assumeva candesartan si è osservata una riduzione del volume telediastolico VS e una riduzione minore del GLS mentre nei pazienti non trattati si osservava un aumento dei volumi telesistolici. L’analisi dei biomarcatori circolanti ha evidenziato un’attenuazione dell’aumento della troponina cardiaca nei pazienti che hanno ricevuto il metoprololo, ma non in quelli che hanno assunto il candesartan, suggerendo che l’attenuazione del danno miocardico potrebbe non riflettersi sempre in cambiamenti della FEVS.

Dall’analisi preliminare ad interim di uno studio randomizzato a 4 bracci (SAFE [Cardiotoxicity Prevention in Breast Cancer Patients Treated With Anthracyclines and/or Trastuzumab]) che ha valutato l’effetto di bisoprololo, ramipril o della loro combinazione per ridurre il danno cardiaco subclinico associato alle AC è emerso che la riduzione della FEVS era inferiore nei gruppi trattati con ramipril e bisoprololo rispetto al placebo. Anche il peggioramento del GLS è risultato maggiore nel gruppo placebo. Sebbene lo studio sia ancora in corso, i risultati sembrano promettenti.

Cavallaro: Come abbiamo visto dalla sua relazione sono numerosi gli studi in merito alla scelta di una strategia cardioprotettiva ottimale. Stando alle ultime evidenze quali sono quindi i pazienti che potrebbero maggiormente beneficiarne?

Bisceglia: In ambito di cardioprotezione le linee guida ESC appena pubblicate propongono, con raccomandazione di classe II A, l’utilizzo di un regime con ace inbitori o sartani e beta bloccanti nella prevenzione primaria dei pazienti oncologici ad alto rischio cardiovascolare.

Cavallaro: Guardando al futuro invece, potrebbero esserci nuove terapie in grado di proteggere il cuore dal danno da chemioterapici?

Bisceglia: Non è da escludere in un futuro l’utilizzo strategie farmacologiche più efficaci come le gliflozine o il sacubitril/valsartan che è attualmente oggetto d’indagine del trial ongoing PRADA II.