“CLAUDICATIO INTERMITTENS” : INTERVENTO O ESERCIZIO FISICO?
di Antonella Labellarte
24 Aprile 2015

Con il termine di claudicatio intermittens ci si riferisce alla forma sintomatica più comune che colpisce i pazienti affetti da malattia ostruttiva delle arterie degli arti inferiori. Si tratta di una limitazione della possibilità di marcia per la comparsa di dolore durante il cammino, legata al difetto di perfusione e quindi di ossigenazione dovuta all’aterosclerosi presente nelle arterie che portano il sangue alle gambe. Come si può facilmente intuire si tratta di una malattia fortemente invalidante e coloro che ne sono affetti lamentano un notevole peggioramento della qualità della vita.

Le terapie attualmente a disposizione che hanno l’obiettivo di ridurre la disabilità e migliorare l’autonomia di marcia sono: il trattamento con cilostazolo, l’esercizio fisico, il trattamento percutaneo con angioplastica e stenting e il by pass chirurgico.

Il cilostazolo che si assume per bocca è un inibitore della fosfodiesterasi III  che aumenta in modo modesto l’autonomia di marcia.
I trattamenti attualmente consigliati e riconfermati nelle linee guida estese da un consensus di esperti nel 2011 sono l’attività fisica e la rivascolarizzazione percutanearaccomandando il training fisico controllato come trattamento iniziale e molto efficace e riservando l’intervento di rivascolarizzazione percutanea a coloro nei quali l’attività fisica non ha raggiunto i risultati sperati. Nei fatti, nonostante il consenso generale sulla validità dell’esercizio fisico, la rivascolarizzazione percutanea è divenuta il trattamento di scelta.
E questo per alcune comprensibili ragioni:

  1. la rivascolarizzazione percutanea quando efficace fa sì che i pazienti migliorino rapidamente;
  2. richiede un tempo di trattamento assai breve;
  3. l’esercizio fisico richiede lo sforzo del paziente e del team che lo segue con notevole investimento di tempo;
  4. e, non ultimo, il sistema sanitario rimborsa l’intervento di angioplastica, quindi nonostante la mole numerosa di dati a favore dell’esercizio fisico questo tipo di programma non è normalmente prescritto, né è accessibile;
  5. infine rimangono da chiarire i benefici dopo cessazione del programma di allenamento.

Per chiarire i benefici apportati dalle possibili opportunità di trattamento nella claudicatio Murphy e colleghi hanno condotto lo studio CLEVER (Claudication: Exercise Versus Endoluminal Revascularization). Lo studio è stato pubblicato nel 2012 sulla rivista Circulation. Studio multicentrico sponsorizzato dal National Heart, Lung and Blood Institute ha confrontato i risultati di diverse strategie terapeutiche (terapia orale, esercizio fisico, terapia interventistica) in pazienti affetti da claudicatio moderato severa per arteriopatia ostruttiva del distretto aorto-iliaco.
La terapia interventistica è stata applicata trattando tutte le stenosi >50%.

Il programma di allenamento prevedeva sedute di esercizio della durata di un’ora tre volte a settimana per 26 settimane consecutive. Al termine del programma di allenamento i pazienti sono stati oggetto di counseling telefonico volto a promuovere la prosecuzione dell’esercizio fisico.

Riassumendo, nei pazienti del braccio dello studio trattati con il programma di allenamento si è rilevato il maggiore incremento dell’autonomia di marcia, mentre nel braccio dei trattati con stenting il miglior risultato in termini di miglioramento della qualità della vita.

Sono stati appena pubblicati in marzo su JACC i risultati dell’analisi a 18 mesi dello studio CLEVER. A 18 mesi si mantiene il beneficio nel braccio sottoposto a procedura interventistica e in quello a programma di allenamento intensivo rispetto alla terapia medica ottimale. Non è stata più rilevata alcuna differenza tra i due bracci: l’autonomia di marcia è incrementata e rimasta simile in entrambi nei 18 mesi. Lo studio ha il pregio di aver valutato la durevolezza dei risultati nel tempo. Rimane da sottolineare, purtroppo, che sebbene l’intervento di rivascolarizzazione sia più costoso non esistono programmi di riabilitazione per i pazienti affetti da claudicatio, mentre esistono infrastrutture per programmi di riabilitazione cardiaca o polmonare. L’optimum sarebbe un programma di trattamento che tenga in considerazione tutte le strategie  terapeutiche possibili in funzione delle condizioni del paziente.

L’editoriale a commento dello studio ha un titolo semplice quanto intrigante: “Intervento o esercizio? La risposta è SI!”

Fonti:
Sobieszcyk PS, Beckman JA. Intervention or Exercise? The Answer is Yes! J Am Coll Cardiol 2015;65 :1010-12
Murphy TP, Cutlip DE, Regensteiner JG, et al.. Supervised Exercise, Stent Revascularization, or Medical Therapy for Claudication Due to Aortoiliac Peripheral Artery Disease: The CLEVER Study. J Am Coll Cardiol 2015; 65: 999-1009

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma