BETA-BLOCCANTI E BPCO
di Antonella Labellarte
09 Febbraio 2020

I beta-bloccanti sono ancora il lupo cattivo nei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva?
Fin dal loro sviluppo negli anni ’60 i beta bloccanti sono stati uno strumento importante nelle mani del cardiologo per la cura dell’ipertensione arteriosa e della cardiopatia ischemica prima e, successivamente, ma sempre con egregi risultati, dello scompenso cardiaco.
I loro benefici effetti farmacologici sono dovuti al legame con i recettori beta1 che permette di controllare gli effetti sfavorevoli delle catecolamine endogene su cuore e apparato vascolare. Il problema del concomitante legame con i recettori beta2, prevalenti sulla muscolatura liscia bronchiale, responsabile di un peggioramento dei fenomeni di broncocostrizione nei pazienti affetti da BPCO è stato affrontato con la produzione di beta-bloccanti sempre più selettivi.
Nonostante questo successo della ricerca scientifica i beta bloccanti cardioselettivi sono ancora prescritti in maniera ridotta ai pazienti affetti da cardiopatia e BPCO, nonostante anche trials clinici randomizzati e studi osservazionali ne abbiano dimostrato la sicurezza e l’efficacia pur in presenza di una compente broncospastica attiva.

Su Lancet EClinicalMedicine è stato pubblicato un ampio studio osservazionale. Nielsen e coll. hanno utilizzato un enorme database che ha raccolto i dati di un milione di pazienti arruolati in Danimarca tra il 1995 e il 2015 e seguiti per più di 6 anni. Nello specifico Nielsen e coll. hanno valutato gli effetti a lungo termine dei beta bloccanti sul rischio di BPCO in 301.542 pazienti ipertesi che erano nuovi utilizzatori di beta bloccanti confrontandoli con 1.000.633 pazienti che assumevano qualunque altro farmaco antipertensivo, in assenza di storia di ricoveri per BPCO.
Ebbene i pazienti trattati con beta-bloccanti hanno presentato un rischio significativamente ridotto di ospedalizzazione per BPCO e ciò che è ancora più rilevante sono risultate significativamente ridotte sia la mortalità globale, sia quella per BPCO. I benefici della terapia beta-bloccante erano rilevabili già a sei mesi di follow-up. Gli autori hanno potuto anche discriminare l’utilizzo di beta-bloccanti beta1 selettivi dai non selettivi e i risultati di sicurezza si sono confermati anche con l’assunzione di questi ultimi. Se ancora ve ne fosse bisogno i dati di questo ampissimo studio confermano la sicurezza dell’utilizzo dei betabloccanti nei pazienti affetti da malattie cardiovascolari e BPCO.

Nielsen et al. Beta-blocker therapy and risk of chronic obstructive pulmonary disease – a Danish Nationwide study of 14 million individuals. E Clinical Medicine 2019; 7: 21-6

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma