Beta-bloccanti dopo infarto: una vecchia abitudine da rivedere?
di Alessandro Battagliese
03 Settembre 2025

Il nuovo trial REBOOT, presentato durante il congresso Europeo di Cardiologia e pubblicato contemporaneamente sull’ultimo numero del NEJM segna una svolta nella gestione dei pazienti post-infarto senza disfunzione sistolica significativa, mettendo in discussione la prescrizione routinaria dei beta-bloccanti in chi presenta una frazione di eiezione ventricolare sinistra superiore al 40%.

Per decenni la terapia beta-bloccante è stata considerata un cardine del trattamento dopo infarto miocardico, sulla base di studi storici condotti prima dell’avvento della moderna cardiologia interventistica[1]. Oggi, i pazienti vengono trattati con strategie invasive, riperfusione precoce e terapie farmacologiche potenti come statine e doppia antiaggregazione, che hanno modificato radicalmente la prognosi.

Il REBOOT è uno studio randomizzato, pragmatico, con valutazione cieca degli outcome centralizzati (PROBE design), condotto in 109 centri italiani e spagnoli. Ha arruolato 8.438 pazienti con infarto miocardico (STEMI e NSTEMI) e frazione di eiezione >40%, dimessi dopo coronarografia/rivascolarizzazione e senza storia di scompenso cardiaco [1]. I partecipanti sono stati assegnati a ricevere beta-bloccante o nessuna terapia beta-bloccante [1].

Questi pazienti sono stati selezionati con particolare attenzione: nessuno aveva una frazione di eiezione inferiore al 40%, storia recente di scompenso o una chiara controindicazione, il che significa che si trattava di soggetti a basso rischio residuo.

L’età media era poco sopra i 61 anni, circa un paziente su cinque era donna, e più della metà soffriva di ipertensione o dislipidemia. Non mancavano i diabetici (circa il 21%) e quasi il 45% era fumatore abituale. Circa il 10% aveva già vissuto un precedente infarto. Insomma, una popolazione reale, cronica e complessa.

Dal punto di vista cardiologico, questi pazienti erano gestiti secondo gli standard contemporanei: quasi tutti ricevevano statine, doppia antiaggregazione e ACE-inibitore o sartano prima della dimissione.

La tipologia di evento indice era equamente distribuita fra STEMI e NSTEMI, con circa un quarto di pazienti affetti da malattia coronarica multivasale. La grande maggioranza è stata trattata con PCI e stent. La frazione di eiezione media era attorno al 57%, e solo poco più dell’11% si collocava nella “zona grigia” della mildly reduced ejection fraction, quella tra 41% e 49%.

L’aderenza era alta nelle prime settimane, ma si riduceva nel tempo, mentre il crossover non era trascurabile nel gruppo di controllo.

Risultati Principali

Dopo una mediana di 3,7 anni di follow-up, l’endpoint primario (morte per tutte le cause, reinfarto o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca) ha mostrato un’incidenza quasi sovrapponibile tra i due gruppi: 316 eventi nel gruppo beta-bloccante contro 307 nel gruppo di controllo (HR 1.04; IC 95% 0.89–1.22; P=0.63)[1].

Gli endpoint secondari (mortalità, reinfarto, insufficienza cardiaca) e di sicurezza non hanno evidenziato differenze significative tra i gruppi [1]. La scelta del beta-bloccante, prevalentemente bisoprololo, e la dose sono state lasciate alla discrezione del clinico [1].

Nessun sottogruppo ha mostrato vantaggi chiari rispetto al trattamento con beta-bloccanti, sebbene vi siano possibili segnali di maggior incidenza di eventi avversi in donne e pazienti con STEMI, ma questi rilievi devono essere interpretati come ipotesi e meriteranno ulteriori approfondimenti [1].

Limiti e Punti di Forza

Punti di forza:

– Alto numero di pazienti e popolazione rappresentativa della pratica reale.

– Outcome validati centralmente da comitato cieco.

– Allineamento con gli standard terapeutici attuali (statine, doppia antiaggregazione, ACEi/ARB)[1].

Limiti:

– Studio open-label e incidenza non trascurabile di crossover terapeutico.

– Follow-up prolungato ma tasso di eventi inferiore a quello atteso.

– Età media relativamente giovane (61 anni), e sottorappresentazione femminile e di pazienti molto anziani [1].

Considerazioni

I risultati di REBOOT confermano quanto già osservato nel trial REDUCE-AMI (NEJM 2024), in cui l’uso di beta-bloccanti dopo infarto in pazienti con funzione ventricolare conservata non ha portato a benefici in termini di mortalità né di recidiva d’infarto[1].

Anche una recente metanalisi (Chi et al., Eur J Prev Cardiol 2025) conferma un effetto neutro nei pazienti con FEVS >40%.

Alla luce di questi dati, la prescrizione routinaria di beta-bloccanti in pazienti post-infarto senza riduzione della funzione sistolica dovrebbe essere riconsiderata, privilegiando un approccio individualizzato [1]. Nei pazienti con frazione di eiezione ≤40% resta invece confermata l’indicazione, supportata da robusta evidenza.

Nonostante i risultati dei trial contemporanei, le linee guida rimangono cautamente conservatrici: le raccomandazioni internazionali (ACC/AHA 2025, ESC 2023) continuano a suggerire i beta-bloccanti post-infarto per tutti i pazienti, in attesa di ulteriori dati e conferme [1].

In conclusione, il trial REBOOT rappresenta una pietra miliare nella rivalutazione del ruolo dei beta-bloccanti dopo infarto, orientando la cardiologia moderna verso la personalizzazione delle cure, soprattutto nei soggetti senza disfunzione ventricolare e trattati secondo le più recenti strategie farmacologiche e interventistiche[1].

Bibliografia Essenziale

1. Ibanez B, Latini R, Rossello X, et al. Beta-Blockers after Myocardial Infarction without Reduced Ejection Fraction. N Engl J Med. 2025;doi:10.1056/NEJMoa2504735[1].

2. Yndigegn T, Lindahl B, Mars K, et al. Beta-blockers after myocardial infarction and preserved ejection fraction. N Engl J Med. 2024;390:1372-81[1].

3. Dondo TB, Hall M, West RM, et al. β-Blockers and mortality after acute myocardial infarction in patients without heart failure or ventricular dysfunction. J Am Coll Cardiol. 2017;69:2710-20[1].

4. Silvain J, Cayla G, Ferrari E, et al. Beta-blocker interruption or continuation after myocardial infarction. N Engl J Med. 2024;391:1277-86[1].

5. Byrne RA, Rossello X, Coughlan JJ, et al. 2023 ESC guidelines for the management of acute coronary syndromes. Eur Heart J. 2023;44:3720-826[1].