Atleta… a chi?!
di Giacomo Tini
13 Luglio 2020

Nell’ottobre 2017, un uomo di 69 anni è stato riferito all’Ambulatorio della Cardiomiopatia Ipertrofica dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, per la caratterizzazione di un quadro di ipertrofia ventricolare sinistra.

Il paziente era un grande sportivo che negli anni aveva praticato podismo, triathlon e tennis. Per via della sua attività, aveva effettuato vari controlli medici, e già nel 2015, ad un ecocardiogramma effettuato a seguito del riscontro di atipie elettrocardiografiche, era stata riscontrata una ipertrofia ventricolare sinistra interpretata come ‘cuore d’atleta’, sebbene lo spessore massimo del setto interventricolare raggiungesse i 21 mm. Tale reperto non era però stato meglio indagato, fino al 2017, quando ad un nuovo controllo medico-sportivo veniva invece posto il sospetto di cardiomiopatia ipertrofica, ed il paziente veniva inviato alla nostra attenzione.

Alla nostra visita il paziente appariva in buon compenso emodinamico, sebbene riferisse che nell’ultimo anno aveva notato un certo affanno nello svolgere sforzi intensi che prima faceva senza problemi. Non riferiva altri sintomi, e l’esame obiettivo era nei limiti della norma. L’elettrocardiogramma mostrava ritmo sinusale, blocco atrio-ventricolare di I grado e diffuse alterazioni della ripolarizzazione (figura 1).

All’ecocardiogramma si confermava l’ipertrofia ventricolare sinistra, che tuttavia appariva simmetrica (SIV: 24 mm, PP: 19 mm), con ridotte dimensioni cavitarie (figura 2); la funzione sistolica era normale (60%), vi era un alterato rilasciamento diastolico, e si notavano inoltre ispessimento delle valvole atrioventricolari e del setto interatriale, dilatazioni bi-atriale, ipertrofia ventricolare destra.

Ad una anamnesi approfondita il paziente riferiva un solo precedente clinico nella sua vita: un intervento per decompressione di tunnel carpale bilaterale circa 14 anni prima. Non c’era familiarità per patologie cardiovascolari né neurologiche.

Nel sospetto di cardiomiopatia infiltrativa amiloidotica, il paziente ha iniziato l’iter raccomandato dalle raccomandazioni internazionali: esami ematochimici e delle urine hanno escluso una forma di amiloidosi da catene leggere, mentre la scintigrafia ossea con 99mTc-HMDP ha mostrato accumulo del tracciante a livello miocardico di grado moderato (Perugini 2, figura 3).

A questo punto è stata quindi eseguita analisi genetica per il gene della transtiretina che ha mostrato la mutazione Tyr78Phe, confermando un quadro di amiloidosi da transtiretina mutata (ATTRm).

Discussione

L’amiloidosi cardiaca è una patologia considerata rara, ma che negli ultimi anni è diagnosticata sempre più spesso, sia per una maggiore conoscenza e accortezza clinica, sia per la possibilità di porre diagnosi, nella maggior parte dei casi, senza l’ausilio di strumenti bioptici. Il riscontro di una scintigrafia ossea con marcata captazione miocardica (Perugini 2 o 3) in assenza di gammopatia monoclonale agli esami ematochimici e delle urine, ha una ottima specificità e sensibilità per la diagnosi di amiloidosi cardiaca da transtiretina.

Il caso presentato è tipico per la latenza diagnostica: il paziente, complice la sua intensa attività sportiva, ha ricevuto due ‘diagnosi’ prima di arrivare a quella definitiva. Il sospetto clinico di patologia a volte può sfuggire in assenza di franca sintomatologia: il paziente ha ricevuto l’etichetta di ‘cuore d’atleta’ nonostante una ipertrofia ventricolare sinistra di più di 20 mm di spessore nel setto interventricolare. Raramente gli atleti raggiungono ipertrofie con spessori maggiori dei 13 mm, e la cosiddetta zona grigia degli atleti è tra i 13 e i 15 mm di spessore del setto interventricolare (1). Un ulteriore elemento che sottolinea la latenza diagnostica è l’anamnesi positiva per sindrome del tunnel carpale, tipica dei pazienti con amiloidosi cardiaca da transtiretina – che nel nostro paziente era avvenuta quasi 15 anni prima la diagnosi finale.

E’ importante che gli accertamenti diagnostici nell’ambito delle fenocopie ipertrofiche e nello specifico per l’amiloidosi cardiaca siano eseguiti in centri di riferimento con a disposizione tutti gli strumenti necessari, per vari motivi (2). L’algoritmo diagnostico per l’amiloidosi cardiaca non è privo di pitfalls, e talora sono necessari approfondimenti strumentali come la risonanza magnetica cardiaca o la biopsia cardiaca, anche semplicemente nel caso in cui a fronte di intensa captazione miocardica alla scintigrafia sia presente una componente monoclonale. Alcune mutazioni della transtiretina, inoltre, possono mostrare un variegato grado di captazione miocardica alla scintigrafia (3), nonostante una franca infiltrazione, e in centri non esperti questo dato può essere ‘mal-interpretato’ come un elemento per escludere la diagnosi di amiloidosi cardiaca da transtiretina. Infine, è importante portare a termine l’iter diagnostico dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina fino all’analisi genetica, sia per motivi di screening familiare, sia per opportunità terapeutiche (4). Ad oggi, infatti, i trattamenti per tale patologia sono disponibili solo per le forme di ATTRm con coinvolgimento neurologico, anche se sono attese novità in tal senso, con possibilità di prescrizione anche per i pazienti con amiloidosi da transtiretina wild-type (senile).

Follow-up

Il nostro paziente ha ricevuto una valutazione neurologica che ha mostrato segni subclinici di neuropatia periferica degli arti inferiori. E’ successivamente stata iniziata terapia con tafamidis, in assenza di effetti avversi.
Durante il follow-up, il paziente ha iniziato a notare lieve peggioramento della dispnea, per cui è stato necessario iniziare terapia con basse dosi di diuretico. Inoltre, dal punto di vista elettrico si sono verificati alcuni parossismi di fibrillazione atriale, asintomatici, registrati agli Holter cadenzati che esegue insieme alle valutazioni presso il nostro ambulatorio.

Attualmente, il paziente è asintomatico ed in buon compenso emodinamico.

 

Riferimenti bibliografici

  1. Basavarajaiah S et al. Prevalence of Hypertrophic Cardiomyopathy in Highly Trained Athletes: Relevance to Pre-Participation Screening. J Am Coll Cardiol. 2008;51:1033-9.
  2. Maurer MS et al. Expert Consensus Recommendations for the Suspicion and Diagnosis of Transthyretin Cardiac Amyloidosis. Circ Heart Fail. 2019;12:e006075
  3. Musumeci MB et al. Low Sensitivity of Bone Scintigraphy in Detecting Phe64Leu Mutation-Related Transthyretin Cardiac Amyloidosis. JACC Cardiovasc Imaging. 2020;13:1314-1321.
  4. Tini G et al. Amyloid Cardiomyopathy in the Rare Transthyretin Tyr78Phe Mutation. J Cardiovasc Transl Res. 2019;12:514-516.