Allopurinolo nei pazienti con cardiopatia ischemica: un falso mito
di Camilla Cavallaro
20 Settembre 2022

L’allopurinolo, farmaco largamente utilizzato per il trattamento della gotta non migliora gli outcome cardiovascolari nei pazienti con cardiopatia ischemica se somministrato in aggiunta alla terapia standard. Queste sono le considerazioni emerse dal primo studio prospettico randomizzato sull’argomento presentato quest’anno all’ESC (1).  

Il trial inglese ALL-HEART disegnato nel 2014 ed attualmente concluso ed in fase di pubblicazione mette finalmente un punto ad una questione che era stata fino ad ora affrontata sempre in piccoli studi (2-4).

Mackenzie e colleghi per questo trial multicentrico, prospettico, randomizzato, controllato hanno testato l’efficacia dell’allopurinolo (al dosaggio minimo di 600 mg) in un gruppo di pazienti con cardiopatia ischemica. Sono stati arruolati 5,721 pazienti provenienti da oltre 400 centri nel Regno Unito (di età media 72 anni; 75% uomini) ad allopurinolo o placebo; tutti i pazienti sono stati poi seguiti con un follow-up di circa 4 anni.

L’outcome primario era un composito di mortalità cardiovascolare, infarto del miocardio, ictus, si è verificato nel 11.0% dei pazienti che assumeva allopurinolo vs. 11.3% del gruppo di controllo (p = 0.65).

Per quanto riguarda gli outcome secondari: mortalità per tutte le cause è stata del 10.1% nel gruppo allopurinolo vs 10.6% nel gruppo di controllo (p = 0.77). Le ospedalizzazioni per scompenso sono state invece del 2.6% del gruppo allopurinolo vs 3.4% del gruppo di controllo (p = 0.18).

Tra i pazienti con cardiopatia ischemica l’allopurinolo non migliorava gli outcome cardiovascolari rispetto alla terapia standard. Gli outcome di sicurezza sono risultati sovrapponibili in entrambi i gruppi.

Discussione:

Il principale meccanismo che suggerisce un potenziale ruolo benefico dell’allopurinolo sul sistema cardiovascolare riguarda il suo effetto antiossidante. L’azione di questo farmaco si esplica prevalentemente attraverso l’inibizione delle xantin-ossidasi; questo provoca una riduzione di anioni superossido e radicali liberi che porta ad un sostanziale decremento dello stress ossidativo. Sulla base di queste considerazioni in passato erano stati fatti diversi studi, di piccole dimensioni per approfondire il ruolo del farmaco nella disfunzione endoteliale nei pazienti con scompenso cardiaco (2), nei pazienti diabetici (3) e sugli effetti di riduzione della massa nei pazienti con cardiopatia ischemica (4).

Sebbene sia stato chiaramente dimostrato che lo stress ossidativo abbia un ruolo chiave nella fisiopatologia dell’aterosclerosi non è altrettanto facile dimostrare che l’utilizzo di sostanze antiossidanti svolga un ruolo protettivo nei confronti della cardiopatia ischemica.

Come sottolineato dagli autori nella discussione del lavoro questo potrebbe dipendere dall’assenza di strumenti per misurare in modo preciso i livelli di stress ossidativo, e quindi dall’impossibilità di verificare in modo oggettivo, al momento dell’arruolamento, il livello basale di stress ossidativo del singolo paziente,  e quindi proporre una terapia specifica se tagliata sulle singole esigenze.

Referenze:

  1. Mackenzie IS, et al. BMJ Open 2016;6:e013774. doi:10.1136/bmjopen-2016-013774 https://www.acc.org/latest-in-cardiology/clinical-trials/2022/08/26/04/10/all-heart
  2. Farquharson CA, Butler R, et al. Allopurinol improves endothelial dysfunction in chronic heart failure. Circulation 2002;106:221–6.
  3. Butler R, Morris AD, Belch JJ, et al. Allopurinol normalises endothelial dysfunction in type 2 diabetics with mild hypertension. Hypertension 2000;35:746–51.
  4. Rekhraj S, Gandy S, Szwejkowski BR, et al. High dose allopurinol reduces left ventricular mass in patients with ischaemic heart disease. J Am Coll Cardiol 2013;61:926–32.