Al vecchietto abla il basso voltaggio
di Filippo Stazi
11 Luglio 2023

I pazienti anziani con fibrillazione atriale parossistica (FAP) possono beneficiare dell’aggiunta dell’ablazione delle aree a basso voltaggio (LVA) all’isolamento circonferenziale delle vene polmonari (CPVI). Questo è quanto sembra evidenziarsi dall’analisi dello STABLE-SR-III trial recentemente pubblicato su JAMA Cardiology (1).

Vi è ormai molta evidenza che l’ablazione transcatetere (ATC) della fibrillazione atriale (FA) sia in grado di migliorare la prognosi a lungo termine, riducendo l’end point composito di morte cardiovascolare, stroke ed ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Acclarata l’efficacia dell’ATC si deve quindi cercare di migliorare la percentuale di successo dell’ATC. A tal riguardo uno dei dibattiti maggiormente sentiti nel mondo elettrofisiologico verte sull’utilità o meno di aggiungere al CPVI anche l’ablazione delle LVA, ossia di quelle aree che sono sede di fibrosi e che pertanto sono caratterizzate da potenziali di bassa ampiezza. A causa del ruolo di substrato anatomico delle aritmie  svolto dalla fibrosi, l’ablazione delle LVA dovrebbe migliorare il successo dell’ATC. I vari studi che sono stati fino ad ora condotti sull’argomento hanno però fornito risultati contraddittori (2-4), forse anche per la scarsa omogeneità, in termini di presenza ed estensione delle aree di LVA, dei pazienti analizzati e non è al momento chiaro se vi siano sottogruppi specifici di pazienti che possono maggiormente giovarsi di tale procedura aggiuntiva.

Lo STABLE-SR-III trial, studio multicentrico, randomizzato, in cieco, condotto, tra il 2018 ed il 2020, in 14 ospedali cinesi, che ha arruolato pazienti con almeno due episodi di FAP nei 6 mesi precedenti e con età tra 65 e 80 anni, ha specificatamente valutato l’efficacia dell’ ablazione delle LVA nei soggetti anziani. A tale scopo 205 pazienti sono stati sottoposti a CPVI (CPVI only) e 209 a CPVI più ablazione delle LVA (CPVI plus).

Le procedure elettrofisiologiche sono state svolte in ritmo sinusale, dopo sospensione da 5 emivite della terapia antiaritmica (2 mesi nel caso dell’amiodarone) e associando nella stessa seduta l’eventuale trattamento di altre aritmie concomitanti (flutter atriale o tachicardie sopraventricolari differenti dalla FA). La procedura prevedeva il CPVI come step iniziale con successivo, nell’intervallo di tempo comunemente aspettato prima di ritestare l’effettiva deconnessione delle vene polmonari, mappaggio delle LVA. Al termine di tale mappaggio, in accordo con i risultati della randomizzazione, si procedeva o meno all’ablazione delle LVA. Ovviamente se le aree di basso voltaggio non venivano rilevate non si procedeva, in entrambi i bracci di trattamento, a nessuna procedura aggiuntiva. Tutti i pazienti ricevevano terapia antiaritmica per i primi 3 mesi. Quella anticoagulante veniva somministrata a tutti per almeno il primo trimestre e poi il suo proseguimento o meno era lasciato alla discrezione dei curanti. L’outcome primario dello studio era la libertà da tachiaritmie atriali (ATA) di durata superiore a 30 secondi, rilevate elettrocardiograficamente durante le visite di follow up oppure durante registrazione Holter. Le recidive aritmiche nel primi 3 mesi dopo la procedura, il cosiddetto blanking period, non erano conteggiate nell’analisi. Gli outcomes secondari includevano l’incidenza di complicanze periprocedurali ed i tempi totali di fluoroscopia, radiofrequenza e durata della procedura. L’età media dei pazienti arruolati è stata 70,5 anni, il 50% era maschio. Il CPVI è stato coronato da successo in tutti i pazienti. LVA sono state rilevate complessivamente nel 41,4% dei soggetti (40,4% nel gruppo CPVI plus e 42,5% in quello CPVI only) con più frequenza (50% vs 32,9%, p < 0.001) ed estensione (burden 9,1% vs 4,3%, p < 0.001) nelle donne rispetto agli uomini. A distanza di 23 mesi dalla procedura le recidive di ATA erano significativamente meno frequenti (-39%) nel gruppo CPVI plus rispetto a quello CPVI only (15 vs 24%, HR 0,61, p = 0.03). Nessuna differenza tra i due bracci di trattamento è stata invece rilevata relativamente agli outcomes secondari. Considerando solo i pazienti con LVA il gruppo CPVI plus presentava una riduzione del 51% del rischio di recidive di ATA rispetto al gruppo CPVI only. Nei pazienti senza LVA non vi erano invece differenze significative tra i due gruppi (HR 0,77, p = 0.4). Nel braccio CPVI plus le recidive di ATA erano simili tra coloro con e quelli senza LVA mentre nel braccio CPVI only la presenza di LVA si associava ad un aumento, seppure non statisticamente significativo, delle recidive (HR 1,68, p = 0,07). Nelle donne, probabilmente per la maggiore frequenza ed estensione delle LVA, i benefici visti nel braccio CPVI plus erano anche superiori (HR 0,35). Da notare che la riduzione delle recidive di TA tra i due schemi di trattamento appariva solo nel secondo anno di follow up. Non è chiaro se tale ritardo sia da attribuire ad un effetto tardivo dell’ablazione delle LVA od all’introduzione, solo nei secondi 12 mesi di osservazione, delle registrazioni Holter di 7 giorni che con la loro maggiore durata possono migliorare il rilevamento delle aritmie e così rendere evidente la differenza tra i due bracci.

In conclusione lo STABLE-SR-III trial, i cui risultati è comunque auspicabile vengano ulteriormente confermati, ricorda la necessità di selezionare attentamente i pazienti, personalizzando le terapia alla luce delle loro caratteristiche. Nello specifico lo studio evidenzia l’importanza nei soggetti anziani, in cui la fibrosi è maggiormente frequente, dell’ablazione delle LVA che però non va eseguita indiscriminatamente ma solo quando il mappaggio ne rileva la presenza.

Bibliografia:

  1. Chen H, Li C, Han B et al. Circumferential pulmonary vein isolation with vs without additional low-voltage-area ablation in older patients with paroxysmal atrial fibrillation. A randomized clinical trial. JAMA Cardiol . doi:10.1001/jamacardio.2023.1749
  2. Huo Y, Gaspar T, Schönbauer R, et al. Low-voltage myocardium-guided ablation trial of persistent atrial fibrillation. NEJM Evid. 2022;1(11): EVIDoa2200141. doi:10.1056/EVIDoa2200141
  3. Masuda M, Asai M, Iida O, et al. Additional low-voltage-area ablation in patients with paroxysmal atrial fibrillation: results of the randomized controlled VOLCANO trial.J Am Heart Assoc. 2020;9(13):e015927. doi:10.1161/JAHA.120.015927
  4. Mohanty S, Mohanty P, Di Biase L, et al. Long-term follow-up of patients with paroxysmal atrial fibrillation and severe left atrial scarring: comparison between pulmonary vein antrum isolation only or pulmonary vein isolation combined with either scar homogenization or trigger ablation. Europace. 2017;19(11):1790-1797. doi:10.1093/ europace/euw338