ACC 2023 – Quando l’imaging intracoronarico batte l’angiografia
di Filippo Brandimarte
13 Marzo 2023

L’avvento della seconda generazione di stent coronarici medicati ha indubbiamente ridotto gli eventi avversi legati al posizionamento, l’epansione e la restenosi dello stent rispetto alla prima generazione o agli stent non medicati. (1) Tuttavia, in pazienti con lesioni coronariche complesse tali eventi avversi sono ancora oggi più frequenti rispetto a quelli che si verificano in soggetti con lesioni non complesse. (2) L’introduzione dell’imaging intracoronarico (ovvero l’ultrasonografia intravascolare e la tomografia a coerenza ottica) ha consentito una migliore caratterizzazione di placca, una migliore scelta dello stent da utilizzare, l’individuazione della migliore zona del suo rilascio nonché una migliore verifica della sua corretta espansione o di eventuali complicanze come la dissezione coronarica. (3) Potenzialmente, quindi, queste due nuove tecnologie possono migliorare gli outcomes in questo setting. Le più importanti società scientifiche internazionali, infatti, le considerano una opzione in pazienti selezionati per migliorare la tecnica di impianto dello stent. (4) Segnali incoraggianti provengono da studi condotti una decina di anni fa ma che però non possono essere considerati conclusivi per il ridotto numero di soggetti arruolati o per l’inclusione di lesioni coronariche super selezionate. (5)

Al fine di chiarire il reale ruolo di queste due nuove tecnologie nello scenario dell’imaging coronarico è stato recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine e contemporaneamente presentato dal dott. Hahn al congresso dell’American College of Cardiology conclusosi la scorsa settimana a New Orleans il trial RENOVATE-COMPLEX-PCI. (6) Si tratta di uno studio sudcoreano, prospettico, multicentrico, randomizzato che ha arruolato dal maggio 2018 al maggio 2021 1639 pazienti con lesioni coronariche complesse (responsabili di coronaropatia stabile, n=807, oppure di sindromi coronariche acute, n=832) e randomizzati 2:1 ad angioplastica guidata da imaging intracoronarico (n=1092) o angioplastica guidata dalla semplice angiografia (n=547), con un follow-up medio di circa 2 anni. Nel braccio di trattamento con imaging intracoronarico circa 800 pazienti (73.3%) sono stati sottoposti a ultrasonografia intravascolare mentre i restanti 278 (25.5%) a tomografia a coerenza ottica. La definizione di “lesione coronarica complessa” includeva: lesioni alla biforcazione, le occlusioni totali croniche, la malattia del tronco comune non protetto, lesioni coronariche lunghe, coronaropatia multivasale che include almeno 2 vasi epicardici maggiori, una lesione che avrebbe necessitato il rilascio di almeno 3 stent, la restenosi intrastent, la malattia calcifica severa oppure lesioni ostiali di un vaso epicardico maggiore. L’endpoint primario è stato un composito di morte per cause cardiache, infarto miocardico legato al vaso target o rivascolarizzazione del vaso target guidata dalla condizione clinica.

Al termine del follow-up, l’endpoint primario si è verificato in 76 dei 1092 pazienti del braccio guidato da imaging intracoronarico e in 60 dei 547 pazienti del braccio guidato da angiografia (incidenza cumulativa a 3 anni 7.7% vs 12.3%; hazard ratio, 0.64; intervallo di confidenza 95%, 0.45-0.89; p=0.008). Il rischio di fallimento del vaso target senza infarto periprocedurale è apparso essere più basso nel gruppo guidato da imaging intracoronarico rispetto al gruppo guidato da angiografia (incidenza cumulativa, 5.1% vs. 8.7%; hazard ratio, 0.59; intervallo di confidenza 95%, 0.39-0.90). L’incidenza cumulativa di infarto miocardico correlato al vaso target o morte per cause cardiache è stata del 5.3% nella coorte guidata dall’imaging intracoronarico vs 8.5% della coorte guidata dall’angiografia (hazard ratio, 0.63; intervallo di confidenza 95%, 0.42-0.93), mentre l’incidenza cumulativa di trombosi dello stent è stata 0.1% nel gruppo guidato da imaging intracoronarico vs 0.7% nel gruppo guidato da angiografia (hazard ratio, 0.25; intervallo di confidenza 95%, 0.02-2.75). Da ultimo, in un’analisi esplorativa l’incidenza cumulativa dell’endpoint primario è stata del 6% nei pazienti randomizzati a imaging intracoronarico che hanno ricevuto una ottimizzazione dello stent, dell’8.9% in quelli del gruppo guidato da imaging intracoronarico senza ottimizzazione dello stent e del 12.3% nei pazienti randomizzati alla sola angiografia.

Lo studio dimostra in modo convincente che l’angioplastica guidata dall’imaging intracoronarico è associata ad una più bassa incidenza di endpoint composito di morte per cause cardiache, infarto miocardico legato al vaso target o rivascolarizzazione del vaso target clinicamente guidata rispetto all’angioplastica guidata dalla sola angiografia in soggetti con lesioni complesse. Due precedenti trial randomizzati avevano dato risultati simili (ILUMIEN III e OPINION) ma non presentavano sufficienti dati a lungo termine. (7.8) Inoltre lo studio descritto ha dimostrato la superiorità dell’imaging intracoronarico in un ampio spettro di lesioni complesse probabilmente in quanto tale tecnologia consente la migliore tecnica di ottimizzazione dello stent ad oggi disponibile. Sebbene in studi precedenti il beneficio dell’imaging intracoronarico era guidato soprattutto da un minor rischio di ulteriori rivascolarizzazioni nel segmento stentato piuttosto che da una riduzione della morte per cause cardiache o infarto miocardico, nel trial in oggetto l’imaging intracoronarico è risultato essere associato ad una incidenza di infarto miocardico legato al vaso target o morte per cause cardiache più bassa del 37% rispetto alla sola angiografia. Questi dati incoraggiano pertanto l’utilizzo di queste nuove tecnologie per meglio caratterizzare la placca e conseguentemente rilasciare lo stent più appropriato per la lesione individuata, nonché garantire una sua migliore collocazione ed espansione.

Bibliografia:

  1. Bangalore S, Kumar S, Fusaro M, et al. Short- and long-term outcomes with drug-eluting and bare-metal coronary stents: a mixed-treatment comparison analysis of 117 762 patient-years of follow-up from randomized trials. Circulation 2012; 125: 2873-91.
  2. Giustino G, Chieffo A, Palmerini T, et al. Efficacy and safety of dual anti- platelet therapy after complex PCI. J Am Coll Cardiol 2016; 68: 1851-64.
  3. Räber L, Mintz GS, Koskinas KC, et al. Clinical use of intracoronary imaging. 1. Guidance and optimization of coronary interventions: an expert consensus document of the European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions. Eur Heart J 2018; 39: 3281-300.
  4. Neumann F-J, Sousa-Uva M, Ahlsson A, et al. 2018 ESC/EACTS guidelines on myocardial revascularization. Eur Heart J 2019; 40: 87-165.
  5. Hong S-J, Kim B-K, Shin D-H, et al. Effect of intravascular ultrasound-guided vs angiography-guided everolimus-eluting stent implantation: the IVUS-XPL random- ized clinical trial. JAMA 2015; 314: 2155-63.
  6. Lee JM, Choi KH, Song YB et al. Intravascular Imaging-Guided or Angiography-Guided Complex PCI. N Engl J Med ahead of print march 5, 2023
  7. Ali ZA, Maehara A, Généreux P, et al. Optical coherence tomography compared with intravascular ultrasound and with angiography to guide coronary stent implantation (ILUMIEN III: OPTIMIZE PCI): a randomised controlled trial. Lancet 2016; 388: 2618-28.
  8. 23. Kubo T, Shinke T, Okamura T, et al. Optical frequency domain imaging vs. intravascular ultrasound in percutaneous coronary intervention (OPINION trial): one-year angiographic and clinical results. Eur Heart J 2017; 38: 3139-47.