Non perdere tempo!
di Comitato Scientifico del C.L.I.

È troppo lungo il tempo che intercorre fra i primi dolori dell’infarto miocardico e il ricovero dell’ammalato in ospedale. È ben dimostrato che se questo venisse accorciato, il numero delle morti si ridurrebbe per la possibilità di contrastare efficacemente molte gravi complicanze della fase iniziale della malattia. Ogni ritardo dell’ospedalizzazione pregiudica le possibilità terapeutiche durante le primissime ore che sono quelle in cui l’ammalato corre i maggiori rischi. Molti fondamentali progressi nell’assistenza e nelle terapie urgenti vengono vanificati dal ritardo. Nonostante tutte le esortazioni, il tempo medio di ricovero supera sempre le quattro ore dall’inizio dell’attacco; responsabile del ritardo è in più della metà dei casi lo stesso ammalato o i suoi familiari: si spera sempre che il dolore passi spontaneamente, si chiama il medico, si decide di fare l’elettrocardiogramma. Solo se il dolore persiste, si aggrava, o se compaiono complicazioni, si decide di andare in ospedale.
È indispensabile fare uno sforzo ininterrotto di informazione perché entri nella mentalità della gente il concetto di urgenza in caso di allarme cardiaco. Le grandi campagne, attraverso i mezzi di informazione di massa, in molti Paesi sono riuscita a sensibilizzare il pubblico sull’importanza del pronto intervento e gli effetti positivi non sono mancati. Nell’ambito della prevenzione e del trattamento dell’infarto, l’informazione deve essere diversa secondo che sia indirizzata al grande pubblico oppure ad un ammalato che già ha sofferto di attacchi cardiaci.
L’ammalato di insufficienza coronarica conosce bene il suo dolore e non è necessario fargliene la descrizione precisa. Permane, invece, diffusa la tendenza a sopportare questo dolore, attendendo che passi per effetto della trinitrina.
Il messaggio che deve essergli indirizzato è che questo dolore può preannunciare o essere l’esordio di un infarto e che ogni minuto è prezioso. Se un dolore già comparso in precedenza, non recede dopo l’assunzione della dose abituale di trinitrina, se è più intenso di quelli già avvertiti, se insorge in seguito a cause scatenanti diverse dalle solite, se è accompagnato da aritmia, tachicardia, sudorazione, senso di mancamento, deve essere considerato un segno di allarme e impone il ricovero in un centro specializzato senza indugi.

Sono importanti anche le circostanze in cui il dolore insorge: se inizia durante il riposo è maggiormente inquietante. Il fatto che scompaia spontaneamente dopo qualche tempo non deve rassicurare né fare attendere.
È ugualmente importante attirare l’attenzione sui disturbi digestivi che frequentemente accompagnano l’infarto: la “pseudoindigestione” che sveglia in piena notte un soggetto che in precedenza è stato sempre bene e non ha mai avvertito disturbi digestivi, che insorge dopo un pasto normale o dopo che si è addormentato senza problemi, può essere indicativa di minaccia d’infarto o d’infarto già in atto. Accade non raramente che un attacco coronarico venga scambiato per un dolore gastrico o una colica addominale.
Altrettanto frequentemente accade che l’ammalato attenda il mattino per chiamare il medico o per recarsi all’ospedale perdendo pericolosamente tempo prezioso.
Di fronte ad un segno d’allarme è indispensabile sincerarsi subito delle proprie condizioni cardiache. Meglio correre per un falso allarme che perdere tempo in caso di attacco.

  • Se le evenienze sopradette si verificano per strada non è opportuno andare a casa, meglio andare direttamente all’ospedale.
  • Se insorgono in casa non è opportuno chiamare il medico, meglio chiamare l’autoambulanza  118
  • Se l’ambulanza non è prontamente disponibile, meglio usare l’auto o un taxi, adagiando l’ammalato in posizione comoda.