Morì d’infarto l’inventore del jogging
di Comitato Scientifico del C.L.I.

Se Jimmy Fixx, il padre del jogging, avesse consultato un medico, sicuramente glielo avrebbe proibito e non sarebbe rimasto vittima della sua scoperta.
Gli americani lo chiamavano il Running Guru; aveva scritto un libro, “The Complete Book of Running”, diventata la Bibbia del jogging, un best seller mondiale, e aveva convinto milioni di persone a correre per sentirsi meglio, per vivere più a lungo, per migliorare molte funzioni, compresa quella sessuale.
Era un giornalista sportivo, un po’ obeso e gran fumatore, che scriveva per Life; iniziò a correre per caso, per rifare i muscoli dopo mesi di inattività a causa della rottura di un tendine e non smise più.
A chi gli chiedeva perché corresse, “Perché è bello”, rispondeva, “mi rende ottimista, più calmo, meno ansioso, perché riesco a concentrarmi più a lungo nel lavoro e perché ho conquistato un miglior controllo della mia vita”.
Col libro divenne ricco e famoso, si trasferì a Riverside, nel Connecticut, dove studiò gli effetti della corsa in percorsi fissi e programmò il suo secondo libro.
La realtà era un po’ diversa. A trentacinque anni Fixx cominciò ad essere ossessionato dall’infarto perché suo padre, redattore di Times, a quell’età era stato colpito da un attacco cardiaco assai grave, visse malamente per otto anni, finché fu stroncato da un secondo infarto.
In un check-up cardiologico, Jimmy era stato giudicato “ad alto rischio” per la pressione alta, il cuore ingrossato, l’ipercolesterolemia, il sovrappeso, e i segni di arteriosclerosi, conseguenze della vita stressante e sregolata che aveva sempre condotto.
Si mise in riga, non fumò più, perse molti chili e si impegnò a fare tutto il possibile per sottrarsi al destino di suo padre.
Con soddisfazione, dopo sei mesi rilevò che i fattori di rischio coronarico erano diventati meno minacciosi, si sentiva molto meglio e pensò di far conoscere la sua esperienza ai tanti americani nelle sue stesse condizioni, scrivendo il libro che gli dette fama e ricchezza.
Raggiunti i temuti quarantatre anni fatali a suo padre, sentendosi molto meglio, pensò di avercela fatta, rallentò i controlli e le altre norme di prevenzione, dicendo che il jogging era il medico che l’aveva salvato e che correndo aveva risolto tutti i suoi problemi.
Peccò di ottimismo. Nel tardo pomeriggio di una giornata torrida del 1984 un motociclista vide sul margine di una strada lungo il lago Caspian, nel Vermont, un uomo in pantaloncini e scarpette sportive disteso sotto un albero, morto da poco: era Jimmy Fixx.
Nel referto autoptico è scritto: morte improvvisa cardiaca dovuta a grave arteriosclerosi delle arterie coronarie. La sinistra era occlusa al novantanove per cento, gli altri due rami principali all’ottantacinque e al cinquanta per cento. Nel miocardio vi erano cicatrici, segno di pregressi infarti: due di vecchia data, ben guarite e una recente che risaliva ad un attacco di poco più di un mese prima.
Il racconto della moglie confermò i rilievi: ricordava che nel marzo del 1980 Jimmy aveva sofferto dei classici sintomi dell’infarto, dolore, sudorazione fredda, spossatezza, ciò nonostante si era rifiutato di consultare il medico. Nell’estate dello stesso anno, dopo una corsa, identici disturbi erano ricomparsi a Falmounth e neppure quella volta fece controlli.
Mentiva a se stesso e agli altri dando le più diverse e irragionevoli spiegazioni sui disturbi: pollinosi, cattiva digestione, colica epatica, dolori artrosici. Non fece cure, intensificò l’attività sportiva arrivando a correre fino a centosessanta chilometri alla settimana. Il jogging era diventato una fissazione, un invasamento ossessivo, esaltato dal sempre crescente successo dei suoi scritti, delle sue conferenze e dal numero dei seguaci.
Gli amici lo definivano fanatico, la prima moglie, con comprensibile disappunto, diceva che era uscito di senno: “Non vedeva altro che corsa, allenamenti e pubblicità. Non era più prevenzione né sport, ma solamente una continua folle fuga: il jogging l’ha ucciso come aveva ucciso il nostro matrimonio”.
Nel giorno in cui morì, aveva da poco compiuto quarantotto anni, aveva guidato l’auto per molte ore e appena arrivato, nonostante il grande caldo, si era messo in tuta ed era partito per la sua ultima corsa.
È stata fatta dell’ironia sulla sua fine, ma il jogging, la sua creazione, è rimasta; milioni di americani considerano James Fuller Fixx un eroe, un mito, come il soldato di Maratona.
La dottoressa McQuillen che eseguì l’autopsia disse: “Non credo che sia stato il jogging a causare la sua morte, credo piuttosto che il jogging lo abbia aiutato a prolungare di parecchi anni la vita a sua disposizione, drasticamente segnata dai danni causati dalle pessime abitudini di vita dei suoi primi trentacinque anni”.
Molti cardiologi concordarono che la sua invenzione gli aveva regalato almeno cinque anni di vita rispetto a suo padre.
Fixx è esemplare in positivo, per aver divulgato gli effetti benefici della corsa, e in negativo perché ha pagato con la vita la pratica maniacale della corsa senza adeguati controlli.
Molti ancor oggi, incorrono negli stessi errori; negli USA ogni anno, tra joggers e maratoneti, vengono annoverati dieci morti.