L’angioplastica coronarica non recupera la contrattilità del cuore disfunzionante: lo studio REVIVED
di Francesco Prati
30 Agosto 2022

All’ultima edizione del Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) è stato presentato il trial REVIVED. Gli autori hanno affrontato un argomento controverso in cardiologia; il ruolo della rivascolarizzazione mediante PTCA nei soggetti con marcata compromissione della contrattilità ventricolare per cause ischemiche.

Gli autori hanno randomizzato ad angioplastica o terapia medica N700 pazienti con frazione d’eiezione (FE)<=35%, estesa malattia coronarica trattabile mediante PTCA e vitalità miocardica.

Risultati:

Dopo un follow-up di 41 mesi l’end-point principale (morte per ogni causa o ricovero per scompenso cardiaco) si è verificato nel 36,2% nel gruppo PTCA e nel 38% nel gruppo terapia medica ottimale (HR 0,99, p=0,96). La FE era simile nei due gruppi a 6 mesi (meno 1,6% nel gruppo PTCA) così come a 12 mesi (più 0,9% nel gruppo PTCA).

Infine lo SCORE per valutare la qualità della vita favoriva leggermente il gruppo con PTCA.

Commento:

Lo studio si inserisce in quel filone che ha negato l’utilità dell’angioplastica nei soggetti con cardiopatia ischemica cronica. Recentemente l’ISCHEMIA TRIAL, pur con i suoi limiti metodologici metteva in risalto la mancanza di efficacia clinica della PTCA su end-points hard del trattamento della cardiopatia ischemica cronica.

Non si può essere troppo sorpresi dall’osservazione secondo la quale, nel paziente stabile, la rivascolarizzazione di lesioni coronariche non riduce gli eventi cardiaci che comprendono infarto miocardico e morte cardiaca.

Tuttavia il dato dell’assenza di beneficio clinico legato alla rivascolarizzazione di porzioni del miocardio considerate vitali è abbastanza sorprendente. D’altronde in passato anche lo studio STICH era andato nella stessa direzione. Il trial aveva dimostrato che il by-pass aorto-coronarico non è in grado di migliorare la funzione ventricolare sinistra nei pazienti con ventricolo disfunzionante ed aveva evidenziato questo dato anche nel sottogruppo con dimostrazione di vitalità.

Lo studio in oggetto (REVIVED) conferma queste osservazioni, mettendo pertanto in discussione il paradigma del miocardio ibernato che vorrebbe un miglioramento della funzione ventricolare sinistra e dei volumi ventricolari dopo la rivascolarizzazione di tali porzioni.

Lo studio, pur se limitato dalla scarsa numerosità della popolazione, avrà probabilmente delle ripercussioni cliniche, suggerendo l’impiego della terapia medica ottimale, comprendente l’impianto di defibrillatori e di RCT (qualora utili) nei pazienti con cardiopatia ischemica a ridotta funzione ventricolare sinistra.

Purtroppo, in questo scenario clinico il sentiero della medicina personalizzata, che prevede la ricerca del miocardio vitale, non sembra percorribile.