La malattia di Ouadj
In precedenza non si ritrovarono notizie utili alla compilazione di una storia della cardiopatia ischemica: unica eccezione l’antico Egitto, grazie ai papiri e alle mummie. Il papiri Ebers (dal nome dell’egittologo tedesco che lo comperò da un mercante durante un viaggio nella Valle del Nilo) risale presumibilmente al 600 a.C., è lungo più di 20 metri, largo 30 centimetri e composto da 2289 righe. In uno dei capitoli più importanti che ha come titolo: “I segreti della medicina: le conoscenze sul cuore e sui suoi movimenti”, i 22 vasi che formano l’albero circolatorio vengono paragonati ai canali del Nilo che portano nutrimento e fertilità. Sembra un trattato di fluviologia, ma dimostra che gli egiziani avevano capito che se i fiumi non portavano acqua la vita cessava e che lo stesso avveniva quando le coronarie non portavano sangue al muscolo cardiaco. Nello stesso capitolo è scritto che se si visita un ammalato con dolori allo stomaco o al petto che si irradiano alle braccia (malattia di Ouadj), significa che la morte incombe su di lui. In Egitto è stata osservata la prima morte certa d’infarto. In occasione di una festa il cancelliere del faraone Merenptath (il faraone dell’esodo, XIX dinastia, 13 secoli a.C.) partecipò ad una corsa e sul traguardo cadde morto. Il caso ha voluto che la sua mummia venisse ritrovata da un paleopatologo una trentina d’anni fa: un’arteria del suo cuore ben conservato, presentava una calcificazione localizzata al tratto prossimale della discendente anteriore. La scoperta, fatta in un periodo in cui erano iniziate le grandi indagini sull’epidemiologia e sulle cause dell’arteriosclerosi, spinse ad esaminare il cuore di altre mummie del Museo del Cairo. Risultò che fra i componenti della dinastia reale l’arteriosclerosi era piuttosto frequente e non rare le morti premature. Da successive indagini è risultato che nei trentenni l’arteriosclerosi coronaria presentava un’incidenza del 25 per cento dei casi, fra i quarantenni del 35, una percentuale non molto diversa da quella ritrovata negli americani di oggi
