Introduzione
Tutti gli organi del nostro corpo per vivere e funzionare necessitano di nutrimento e ossigeno che viene loro fornito dal sangue.
Quando le arterie perdono elasticità e si restringono a causa dell’aterosclerosi, la quantità di sangue che arriva ai vari organi si riduce: questo nuoce al loro buon funzionamento e può causare sofferenza della cellula. Il muscolo cardiaco, miocardio, che svolge un immane e ininterrotto lavoro di pompa, necessita di grandi quantità di sostanze energetiche e di ossigeno che gli vengono forniti attraverso le arterie coronarie. Quando il flusso di sangue in un ramo delle coronarie diminuisce, la zona di miocardio in cui questo si distribuisce, presenta segni di sofferenza detta ischemia, caratterizzata da turbe metaboliche, violento dolore e alterazioni dell’elettrocardiogramma. Se il deficit di irrorazione è di breve durata si ha l’ischemia miocardica transitoria, meglio nota col nome di angina pectoris, senza danni evidenti delle cellule miocardiche. Se il deficit è prolungato, le cellule miocardiche che non ricevono sufficiente ossigeno muoiono (necrosi) e si ha l’infarto miocardico. L’estensione della necrosi è in rapporto con l’importanza del ramo coronarico che si è occluso. Le cellule miocardiche morte, a differenza di quanto avviene in altri organi, non vengono sostituite da nuove cellule rigenerate e la necrosi nel giro di alcune settimane evolve verso la cicatrizzazione. Il tessuto fibroso cicatriziale non possiede le capacità elastiche e contrattili del muscolo cardiaco per cui il miocardio superstite, per mantenere una buona funzione di pompa, deve fare un lavoro supplementare.
Se l’estensione della necrosi è circoscritta, l’infarto viene sopportato senza conseguenze, se è ampia, la funzione di pompa del cuore risulta compromessa e si ha l’insufficienza cardiaca o scompenso. Questo spiega la diversa gravità delle conseguenze dell’infarto miocardico. Una necrosi che interessi più del 40% delle pareti del ventricolo sinistro è incompatibile con la sopravvivenza dell’ammalato.
Nel 90 per cento dei casi di infarto miocardico vengono ritrovate lesioni aterosclerotiche più o meno marcate delle coronarie. Ancorché rari, si possono avere infarti con coronarie poco compromesse o indenni; l’ostacolo al flusso in questi casi viene attribuito a spasmo. Aterosclerosi e spasmo delle coronarie spesso coesistono: in tutti i casi vi è discrepanza fra la richiesta di ossigeno da parte del miocardio e la quantità di ossigeno trasportata dalle coronarie. Le coronarie sane possono aumentare fino a cinque volte la loro portata e il cuore sopporta senza conseguenze aumenti di lavoro assai rilevanti. Le coronarie ristrette e irrigidite da placche aterosclerotiche perdono la capacità di adeguare il flusso alle esigenze del miocardio.
L’infarto, raro fino a pochi decenni fa, è oggi di gran lunga la principale causa di morte nel mondo civilizzato.
