L’esercizio fisico intenso e lo sviluppo muscolare estremo sono diventati popolari negli ultimi 20 anni. Nonostante i benefici dell’attività fisica e la promozione di uno stile di vita sano, destano preoccupazione i rischi associati alla costruzione muscolare eccessiva. (1) Particolarmente allarmante è la morte improvvisa e la morte cardiaca improvvisa osservata in recenti bodybuilders che hanno scosso l’opinione pubblica ma ancora troppo poco quella medica. Le cause di tali eventi drammatici, ancora oggetto di dibattito, sono ragionevolmente da ricercarsi in malattie cardiache strutturali o funzionali, aritmie complesse ma anche nell’abuso di sostanze dopanti. (2)
Nel tentativo di chiarire come è perché questi atleti muoiono è recentemente apparso sull’European Heart Journal un ampio studio italo-americano che potrebbe gettare luce sull’argomento. (3) Sono stati analizzati oltre 20.000 atleti che hanno partecipato almeno ad una competizione ufficiale della International Fitness and Bodybuilding Federation dal 2005 al 2020 con un follow-up medio di oltre 8 anni. Si sono registrati 121 decessi tutti con un’età media di 45 anni circa. La maggior parte degli eventi si sono verificati in atleti americani (40.5%), seguiti da quelli europei (38.8%), asiatici (7.4%), africani (6.6%), sudamericani (5%) e australiani (1.7%). La causa di morte è stata documentata nel 78.5% dei casi, con 22 casi di morte non improvvisa e 73 morti improvvise di cui 18 sono state traumatiche (incidenti stradali nel 9.1%, assassini/suicidi nel 3.3%) e 55 non traumatiche. Tra queste ultime morti non traumatiche 46 sono state classificate come morti cardiache improvvise (38% delle morti totali) ad un’età di 42 anni circa, il resto dovute a neoplasie (6.6%), complicazioni da COVID (5.8%) e insufficienza multi organo (4.1%). I risultati dell’autopsia sono stati resi disponibili solo per 5 atleti professionisti: 4 avevano ipertrofia ventricolare sinistra e cardiomegalia, 2 avevano anche una malattia coronarica e 1 aveva una cicatrice ventricolare sinistra non ischemica. 3 delle analisi tossicologiche disponibili hanno dimostrato la presenza di massicce dosi di steroidi anabolizzanti. Almeno altri 16 atleti hanno dato testimonianza di aver abusato di sostanze dopanti.
La mortalità totale e la morte cardiaca improvvisa sono state 63 e 24 per 100.000 atleti/anno. Si sono registrate 45 morti tra gli atleti di competizioni maggiori ad un’età di circa 55 anni con 11 morti cardiache improvvise. Negli atleti che hanno partecipato a competizioni minori si sono verificati solo 2 decessi e nessuna morte cardiaca improvvisa. Nelle competizioni con limiti di peso e altezza si sono verificati solo 4 decessi. Durante il periodo di follow-up si sono verificati 41 decessi su 1454 atleti professionisti (2.8%) rispetto a 80 decessi su 18.832 atleti amatoriali (0.4%) configurando un HR di 5.23 (p<0.001). 25 atleti professionisti sono deceduti di morte cardiaca improvvisa con un’incidenza di 193 per 100.000 atleti/anno, una mortalità 14 volte superiore rispetto a quella registrata negli atleti amatoriali. Restringendo l’analisi i bodybuilders che hanno partecipato a Mr. Olimpia, la competizione internazionale considerata più prestigiosa, i decessi sono stati 7 su 100 atleti tra cui 5 morti cardiache improvvise ad un’età media di 36 anni pari ad una incidenza di morte di 386 per 100.000 atleti/anno. 27 atleti sono deceduti entro un anno dall’ultima competizione maggiore tra cui 11 morti cardiache improvvise all’età di 34 anni. Un atleta è deceduto durante una competizione, due atleti hanno avuto una morte cardiaca improvvisa durante l’allenamento e 4 atleti poco dopo un evento ufficiale. L’incidenza di morte cardiaca improvvisa negli atleti ancora in competizione è 130 per 100.000 atleti/anno, circa 6 volte maggiore di quella registrata negli atleti amatoriali.
Questo è il primo studio che ha analizzato la mortalità totale, il tasso di morte improvvisa e di morte cardiaca improvvisa in una ampia popolazione di bodybuilders con un lungo follow-up. Lo scopo non era certo quello di screditare le manifestazioni sportive professionistiche ma di gettare luce su un aspetto che non può più essere tenuto nascosto alla comunità scientifica internazionale e per promuovere controlli e strategie preventive nella speranza di abbattere queste tragiche morti giovanili. In questa coorte di atleti si sono verificati 121 decessi il 38% dei quali per morte cardiaca improvvisa, di gran lunga la causa di morte più frequente. Tuttavia, dal momento che i risultati dell’autopsia sono stati disponibili solo nel 10% delle morti cardiache improvvise non è possibile esprimersi sui reali meccanismi fisiopatologici sottostanti a questi eventi. Ciò nonostante, ipertrofia ventricolare sinistra severa, cardiomegalia, fibrosi e necrosi del tessuto miocardico sono stati reperti frequenti. Un certo grado di ipertrofia è comune negli atleti ma non ipertrofia severa che quasi invariabilmente sottintende l’uso di sostanze anabolizzanti. Inoltre, si sono registrate anche morti non naturali come suicidi, omicidi, incidenti automobilistici suggerendo anche un impatto del bodybuilding sullo stato mentale degli atleti che porterebbero a veri e propri dismorfismi corporei. Di qui appare importante supportare questi atleti con un counseling psicologico. Non sono da dimenticare inoltre i decessi per insufficienza renale verosimilmente secondaria alla dieta iperproteica, all’uso di diuretici e all’abuso di antiinfiammatori.
Il rischio di morte è particolarmente alto nel training subito prima di una competizione maggiore e subito dopo, causata dalla drastica perdita di peso in questo periodo ottenuta con una importante restrizione calorica e deplezione idrosalina che viene effettuata ad una età significativamente maggiore rispetto ad altri sport ovvero intorno a 35 anni di età. Purtroppo ancora oggi i bodybuilders non vengono seguiti da team medici ed in molti paesi non è neanche considerata una disciplina sportiva e pertanto non specificatamente regolamentata.
L’utilizzo di steroidi anabolizzanti per lo sviluppo della massa muscolare (ritrovati nel 16% degli atleti deceduti) sono noti provocare alterazioni del profilo lipidico, di quello dell’omocisteina e di aumentare l’ematocrito, tutte modificazioni associate ad un aumento dello sviluppo di placche aterosclerotiche. Queste sostanze inoltre favoriscono l’ipertensione con conseguente ipertrofia, cardiomegalia, fibrosi che costituiscono un substrato per aritmie ventricolari. Questo spiegherebbe l’incidenza di morte così alta fra i partecipanti a Mr Olympia (arrivando al 7% con il 5% di morte cardiaca improvvisa), la competizione internazionale considerata più prestigiosa per il bodybuilding. Eppure alla comunità di bodybuilding sembrano mancare robusti protocolli di test antidoping. Questo studio dovrebbe spingere a colmare queste lacune al fine di salvare preziose vite.
Bibliografia
1. Steele I, Pope H, Ip EJ, Barnett MJ, Kanayama G. Is competitive body-building pathological? Survey of 984 male strength trainers. BMJ Open Sport Exerc Med 2020;6:e000708.
2. Harmon KG, Drezner JA, Wilson MG, Sharma S. Incidence of sudden cardiac death in athletes: a state-of-the-art review. Heart 2014;100:1227–34.
3. Vecchiato M, Ermolao A, Da Col M et al. Mortality in male bodybuilding atheletes. European Heart Journal 2025 ahead of print.