Il caffè
di Comitato Scientifico del C.L.I.

“Posso prendere qualche caffè?”. È una delle domande che più spesso i medici si sentono porre.
La risposta è spesso inspiegabilmente negativa; in realtà sono pochissimi i malati di cuore peri quali il caffè è controindicato.

Nelle ricette dei vecchi medici che proibivano il caffè, si trovavano spesso analettici contenenti 1-3-7 trimetil-xantina che altro non è che caffeina, il principale alcaloide contenuto nei chicchi di caffè.
Le controindicazioni sono costituite dal nervosismo, dalle distonie neurovegetative, dall’ipertiroidismo, dall’ulcera gastrica reflusso gastro-esofageo, dalle affezioni delle vie biliari e, se si vuole essere rigorosi, dalla gotta.
I pregiudizi sono, invece, ancora numerosi nonostante che i trattati di farmacologia elenchino numerose azioni benefiche del caffè e quasi non parlino di effetti tossici.

Perchè il caffè esplichi effetti sfavorevoli, tachicardia, nervosismo, agitazione, nausea, insonnia, tremori, se ne devono assumere quantità eccessive.
Nell’animale da esperimento gli effetti tossici si manifestano quando vengono superati i cento milligrammi di caffeina per ogni chilo di peso corporeo, che per un uomo significherebbero quasi dieci grammi.
Per un caffè vengono impiegati circa 5 grammi di polvere la quale contiene, al massimo, il due per cento di caffeina; poiché nella soluzione ne passa in media il 75 percento, una tazza di caffè contiene non più di 0,10grammi di caffeina, una quantità priva di effetti apprezzabili.

La caffeina stimola il sistema nervoso centrale, aumenta il rendimento cerebrale, migliora i tempi di reazione e accresce le capacità muscolari allo sforzo.
Stimola anche il centro cardiaco e quello del respiro per cui, a differenza di quanto molti ritengono, risulta benefico alla maggior parte dei malati di cuore.
Non dà assuefazione anche se non raramente, fra i forti bevitori di caffè, viene ritrovato uno “stato di bisogno”.

Dosi elevate di caffè possono talvolta provocare cardiopalmo, tachicardia ed extrasistolia, ma nessun tipo di cardiopatia organica è causato dal caffè. Un lungo studio epidemiologico ha escluso qualunque rapporto fra consumo di caffè e incidenza delle coronaropatie.
Il sospetto era stato originato dalla constatazione che il consumo continuativo di caffè poteva talvolta influenzare la composizione dei grassi del sangue, in particolare dei trigliceridi. Queste modificazioni sono però risultate di scarsa rilevanza e, secondo alcuni cardiologi che si sono interessati al problema, sarebbero da attribuire allo zucchero piuttosto che al caffè.

Quantità moderate di caffè possono essere tranquillamente consumate anche da coloro che soffrono di aterosclerosi o di malattie delle coronarie a condizione che non provochino tachicardia o extrasistoli.
L’azione stimolante del caffè si fa risentire anche sul metabolismo basale che risulta lievemente più elevato nei consumatori abituali, per cui, a buon diritto, il caffè che è praticamente privo di calorie, ovviamente senza zucchero, può essere consigliato alle persone in sovrappeso che mirano a perdere qualche chilo.

Non va dimenticato che se tre caffè al giorno possono essere consentiti a tutti, tre cucchiai di zucchero no.
L’insonnia da caffè è assai incostante, in gran parte legata a condizioni individuali, se non a suggestione.

Esistono individui che dormono meglio dopo aver bevuto un caffè alla sera. In coloro che lamentano stati depressivi, l’effetto euforizzante del caffè può influenzare beneficamente la cenestesi a favorire così il sonno.
Le azioni della caffeina a livello del sistema nervoso centrale si riflettono infatti direttamente sull’umore. Alcuni psicologi e antropologi sostengono che il caffè ha utilmente contribuito al miglioramento dei rapporti sociali.
Pertanto, sani o ammalati, se ci piace e ci tira su, prendiamo tranquillamente due-tre tazzine di caffè al giorno che possono costituire un aiuto contro gli stress quotidiani.