Digitale, scompenso cardiaco e fibrillazione atriale: il triangolo si!
di Laura Gatto
21 Dicembre 2021

Le più recenti linee guida raccomandano l’impiego della digossina nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione d’eiezione (FE) ridotta, sia nei soggetti con concomitante fibrillazione atriale per il controllo della frequenza (classe I, livello di evidenza B), sia nei soggetti in ritmo sinusale ma sintomatici nonostante la terapia con antagonisti del sistema renina angiotensina aldosterone e beta-bloccanti (classe IIB, livello di evidenza B) [1].

Quest’ultima raccomandazione si basa su un unico studio clinico randomizzato, il DIG trial, in cui l’uso della digitale non influenzava la mortalità, ma riduceva di circa il 28% il rischio di nuove ospedalizzazioni per scompenso cardiaco; tuttavia si tratta di uno studio che possiamo definire anacronistico, condotto più di 25 anni fa ed in cui il trattamento farmacologico dei pazienti con scompenso si basava prevalentemente sui diuretici [2]. Al contrario nel contesto dello scompenso con concomitante fibrillazione atriale, mancano risultati ottenuti da studi randomizzati ed i dati a disposizione spesso sono contrastanti.

Per chiarire il ruolo della digitale ed individuare il paziente che effettivamente possa beneficiare dell’uso di questo farmaco, Kapelios e coll hanno condotto un’analisi molto interessante pubblicata sull’ultimo numero di European Heart Journal of Cardiovascular Pharmacotherapy. Sono stati analizzati i pazienti con scompenso cardiaco con FE ridotta (< 40%) arruolati tra il 2005 ed il 2018 nello Swedish-HF Registry con lo scopo di descrivere le caratteristiche cliniche indipendentemente associate con l’uso della digossina e la correlazione tra il trattamento digitalico e gli outcome di mortalità e di morbidità nei pazienti con e senza fibrillazione atriale.

Lo Swedish-HF Registry ha arruolato 42456 pazienti, di questi 22119 (52%) riferivano una storia di fibrillazione atriale. In generale la digossina è stata impiegata in 6420 soggetti con concomitante fibrillazione atriale ed in 564 senza tale aritmia. I pazienti digitalizzati presentavano una età media di 74 anni, nel 31% dei casi erano donne e nel 54% dei casi presentavano una frazione d’eiezione del ventricolo sinistro < 30%. Gli autori hanno quindi distinto nella popolazione i pazienti con e senza fibrillazione atriale.

Per quanto riguarda i pazienti con scompenso cardiaco e storia di fibrillazione atriale, quelli trattati con digossina risultavano più giovani e con una più breve storia di scompenso rispetto a quelli non digitalizzati, inoltre erano più frequentemente ospedalizzati, con una più bassa frazione d’eiezione, con una più alta prevalenza di fibrillazione atriale all’ECG basale e con una maggiore risposta ventricolare. Inoltre in questi pazienti era meglio ottimizzata la terapia farmacologica per lo scompenso cardiaco, ma meno frequentemente venivano sottoposti ad impianto di defibrillatore (ICD) oppure a resincronizzazione (RCT). In questo sottogruppo i fattori che indipendentemente si associavano all’impiego della digitale erano: il sesso femminile, la giovane età, lo scompenso cardiaco avanzato, la frequenza cardiaca > 70 bpm, l’anamnesi negativa per ipertensione e cardiopatia ischemica, la storia di broncopneumopatia ostruttiva cronica, la migliore funzione renale, il mancato uso di Ace-inibitore e sartani ed il maggior impiego di beta-bloccanti e diuretici. Dopo un propensity score matching con un gruppo di controllo che ha permesso la valutazione degli outcome, l’impiego della digitale è risultato associato ad un rischio significativamente ridotto dell’endpoint composito di morte per tutte le cause e di nuove ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (HR:0.95; 95% CI:0.91-0.99), dell’endpoint singolo delle recidive per scompenso (HR:0.93; 95% CI:0.88-0.98), ma non della mortalità per tutte le cause (HR:1.03; 95% CI:0.99-1.09). Inoltre, per quanto riguarda l’analisi dei sottogruppi, l’uso della digossina si associava ad un rischio significativamente più basso di andare incontro ad un evento sfavorevole nei soggetti senza storia di cardiopatia ischemica, con scompenso da meno di sei mesi, con una frequenza cardiaca > 70 bpm, in coloro che erano in trattamento con beta-bloccanti e che non erano stati sottoposti ad impianto di ICD e/o CRT.

Per quanto riguarda i pazienti con scompenso cardiaco ma senza storia di fibrillazione atriale, anche in questo caso quelli trattati con digossina risultavano più giovani, più ospedalizzati, con una più bassa frazione d’eiezione e con una più elevata frequenza cardiaca rispetto a quelli non digitalizzati; inoltre erano più frequentemente ospedalizzati, ma presentavano una più alta incidenza di comorbidità, di impiego di diuretici e di impianto di ICD e CRT. I predittori indipendenti di uso della digitale sono risultati in parte sovrapponibili a quelli del sottogruppo con fibrillazione atriale (il sesso femminile, lo scompenso cardiaco avanzato, la frequenza cardiaca > 70 bpm, l’anamnesi negativa per ipertensione arteriosa, una migliore funzione renale, il maggior impiego di diuretici) ad eccezione del più frequente impianto di ICD e CRT. Per quanto riguarda invece la correlazione con gli outcome, in questo setting l’uso della digossina si associava ad un maggior rischio dell’endpoint composito mortalità per tutte le cause e nuove ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (HR:1.24; 95% CI:1.09-1.43) e dell’endpoint singolo delle recidive di scompenso (HR:1.34; 95% CI:1.14-1.57), ma non della mortalità per tutte le cause (HR:1.07; 95% CI:0.92-1.25). Le sottoanalisi hanno rivelato un rischio significativamente più elevato del verificarsi degli endpoint nei pazienti con cardiopatia ischemica e nei pazienti con FE compresa tra il 30 ed il 39% rispetto a quelli con FE < 30%.

Gli autori dello studio hanno quindi concluso che nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione d’eiezione ridotta l’impiego della digitale risulta modesto (16%) e sicuramente più frequente nei pazienti con fibrillazione atriale, rispetto a quelli non fibrillanti. Inoltre, mentre l’uso di tale farmaco si è dimostrato associato ad una riduzione dell’endpoint composito di morte per tutte le cause e di recidive di scompenso nei soggetti con fibrillazione atriale, risulta invece molto più rischioso nei soggetti senza aritmia.

Alcuni di questi risultati possono essere spiegati alla luce delle linee guida che raccomandano l’impiego della digitale come seconda linea di trattamento, dopo i beta-bloccanti, per la riduzione della frequenza cardiaca nei pazienti con scompenso cardiaco con FE ridotta e fibrillazione atriale [1]. L’uso prevalente nella popolazione più giovane e con una migliore funzionalità renale può essere interpretato alla luce del fatto che l’età avanzata e l’insufficienza renale sono fattori legati ad una ridotta clearance del farmaco e quindi ad un maggior rischio di andare incontro alla tossicità digitalica. Un’altra evidenza importante è l’incremento di eventi avversi anche nei pazienti con fibrillazione atriale ma non in trattamento con beta-bloccanti. Questo dato può essere spiegato sia con l’ipotesi che il mancato uso di beta-bloccante individua un paziente con scompenso a “più alto rischio” (con sintomi refrattari, ipotensione, maggior rischio di aritmie), sia ipotizzando che la terapia beta-bloccante possa in qualche modo mitigare l’effetto pro-aritmico della digitale.

Si può concludere affermando che alla luce dei risultati dello studio di Kapelios e coll, il paziente ideale che può beneficiare della terapia digitalica è un soggetto con scompenso cardiaco con FE ridotta, con concomitante fibrillazione atriale, giovane, con preservata funzionalità renale e già in trattamento con beta-bloccanti.

Bibliografia:

  1. McDonagh TA, Metra M, Adamo M, Gardner RS, Baumbach A, Böhm M, Burri H, Butler J, Čelutkienė J, Chioncel O, Cleland JGF, Coats AJS, Crespo-Leiro MG, Farmakis D, Gilard M, Heymans S, Hoes AW, Jaarsma T, Jankowska EA, Lainscak M, Lam CSP, Lyon AR, McMurray JJV, Mebazaa A, Mindham R, Muneretto C, Francesco Piepoli M, Price S, Rosano GMC, Ruschitzka F, Kathrine Skibelund A; ESC Scientific Document Group. 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J. 2021;42:3599-726
  2. Digitalis Investigation Group. The Effect of Digoxin on Mortality and Morbidity in Patients with Heart Failure. New Engl J Med. 1997;336:525–33
  3. Kapelios CJ, Lund LH, Benson L, Dahlström U, Rosano GMC, Hauptman PJ, Savarese G. Digoxin use in contemporary heart failure with reduced ejection fraction: an analysis from the Swedish Heart Failure Registry. G. Eur Heart J Cardiovasc Pharmacother. 2021 Nov; doi 10.1093/ehjcvp/pvab079. Online ahead of print.