Alimentazione d’oggi

Gli errori da non commettere
Vivere oggi, cioè vivere in una società che subisce di continuo trasformazioni fondamentali, comporta una evoluzione delle abitudini alimentari, un riadattamento a bisogni fisiologici nuovi, una ristrutturazione dei pasti calcolata su un ritmo di vita diverso. Senza questo necessario adattamento, l’uomo si trova intrappolato in un processo autodistruttivo, paradossale in una società di abbondanza e di progresso.
Le malattie più frequenti attualmente sono il riflesso di un cattivo adattamento alimentare alle condizioni della vita moderna. Queste malattie derivate in genere dall’eccessivo benessere causano oggi, per via indiretta. la selezione degli esseri umani nei paesi industrializzati, così come in altre parti del mondo questo avviene a causa dell’indigenza. La diffusione di queste malattie dette da civilizzazione -obesità, diabete, aterosclerosi, malattie cardiovascolari – è diventata inquietante, giacché vengono colpiti sempre più spesso e ad un’età sempre più giovane uomini e donne che sembrano nonostante tutto “in piena salute” e, “nel pieno delle forze”.
Le abitudini alimentari rivestono un ruolo molto importante per l’avvenire dell’individuo fin dalla prima infanzia: i primi anni di vita sono decisivi.
Fin dalla più tenera età si può condizionare un bambino a diventare un adulto obeso: durante i primi 10 anni di vita, la grandezza e il numero delle cellule adipose si modellano sulla dieta quotidiana. Se si nutre male un bambino si può anche mettere in evidenza più precocemente una fragilità metabolica individuale che, in un contesto alimentare più equilibrato, avrebbe potuto non manifestarsi mai.
Sviluppando nel neonato il gusto dei sapori salati gli si apre la porta dell’ipertensione.
Forzandolo a mangiare, zuccherando troppo il latte e i dolci e somministrandogli un nutrimento troppo ricco di grassi lo si predispone all’aterosclerosi: già durante i primi venti anni di vita si configura il rischio dell’aterosclerosi.
Quindi è tempo di prendere coscienza del rischio che comportano gli errori alimentari ripetuti ogni giorno: la profilassi di queste malattie passa attraverso una alimentazione razionalmente adattata ai bisogni reali dell’organismo e attraverso l’identificazione precoce dei soggetti ad alto rischio.

Mangiare troppo e mangiare male
Dato il contenimento delle spese energetiche dell’organismo, prodotto dalla vita sedentaria, dalle abitudini confortevoli e dalla automazione, a rigor di logica dovrebbe conseguire una riduzione dell’apporto calorico. Ora, invece, risulta che, tre quarti degli italiani soffrono di “troppo mangiare” e consumano grassi in eccesso.
Si calcola che, al giorno d’oggi, un apporto calorico ragionevole per un’attività fisica di media entità dovrebbe collocarsi tra 2100 e 2400 calorie al giorno, contro le 3000 – 3200 constatate.
Mentre il fabbisogno calorico è diminuito, è divenuto invece di primaria importanza quello proteico e di vitamine, in un mondo in cui si fa appello più alla vigilanza e alla tensione nervosa cha allo sforzo fisico.
L’origine delle calorie (lipidica, protidica, glucidica/alcoolica) ha un’importanza primaria; nonostante un giusto apporto calorico una dieta può essere tuttavia completamente squilibrata; lo squilibrio viene registrato sempre a favore dei grassi, e questo anche in diete rigorose, come capita di vedere in alcuni tipi di cure dimagranti “selvagge”.
Nella dieta dei nostri giorni il pane e i farinacei sono trascurati. Nella nostra alimentazione tradizionale i cereali (pane, farina) e i farinacei (patate, legumi secchi) occupavano un posto importante. Oltre ad assicurare l’apporto energetico, essi garantivano un apporto di proteine vegetali e di vitamina B1 (indispensabile per utilizzare i glicidi e utile all’equilibrio nervoso). Più lenti da digerire, essi avevano anche il vantaggio di regolare meglio la glicemia.
Oggi questi alimenti vengono sempre più trascurati, a vantaggio di alimenti assimilabili più rapidamente (zucchero e prodotti zuccherati). Un consumo eccessivo di zuccheri semplici non è consigliabile per diversi motivi:
- più la razione di zuccheri è alta, più aumenta il fabbisogno di vitamina B1; inoltre gli zuccheri ad assorbimento rapido richiedono vitamina B1 senza procurarla;
- l’apporto proteico risulta “mutilato” dalla mancanza di proteine vegetali. Poiché il fabbisogno proteico si mantiene elevato, l’uomo concentra la sua fame di proteine essenzialmente sulla carne, alla quale può accedere grazie ad un tenore di vita più elevato.
Inoltre, nella dieta dei nostri giorni vi sono troppi grassi. L’aumento del consumo di carne causa una parallela crescita del consumo di grassi: una bistecca contiene più grassi nascosti che proteine; a questo dobbiamo aggiungere i grassi utilizzati per la cottura o il condimento. Anche gli insaccati, il cui uso è molto diffuso, costituiscono una importante fonte di lipidi.
Non si tratta di voler privare le persone ad ogni costo e sistematicamente di una bistecca con patate fritte o di una salsiccia, ma di orientare il gusto verso alimenti proteici ad alto valore biologico, poco grassi o meno grassi possibile.
Le uova, il fegato, il pesce, il latte parzialmente scremato, i formaggi magri rispondono a queste esigenze meglio della carne bovina, dell’agnello e del maiale. D’altra parte, anche i grassi per condimento o per cucina dovrebbero essere usati con maggior moderazione. Le ricette di cucina sono spesso generose in grassi e, poiché la padrona di casa tende generalmente ad arrotondare le dosi, il risultato finale è facilmente una pietanza troppo ricca.
Le insalate sono, di solito, troppo generosamente innaffiate d’olio e si abusa delle fritture.
Come contropartita a questo apporto eccessivo di grassi ricordiamo i “parenti poveri” della nostra alimentazione, le verdure, la frutta e il latte.
Abusiamo di bevande alcoliche; l’equivalente alcoolico di ½ o ¾ di litro di vino costituisce il limite giornaliero per ognuno di noi.
Aperitivi o digestivi vengono aggiunti troppo spesso come supplemento a questa dose limite. L’abuso di bevande alcoliche è molto frequente: ora, questo apporto di calorie (7 calorie per grammo d’alcool), in parte inutilizzabili, va ad appesantire la razione energetica già sovrabbondante e ad arricchire i grassi di riserva già immagazzinati; questo crea e causa perturbamenti metabolici e squilibri nutrizionali che possono provocare futuri disordini cardiovascolari.
Infine, vi è una cattiva suddivisione dei pasti il primo errore alimentare comincia dal mattino per l’assenza o l’insufficienza della colazione dopo 11 ore di digiuno, fatto che obbliga ad un pranzo troppo abbondante.
Con una tale suddivisione dei pasti, la maggior parte delle calorie viene assunta in un solo pasto. Alla stanchezza e alla mancanza di riflessi di fine mattinata (fame e consumo di tutte le riserve), segue dunque la sonnolenza del dopo-pranzo (lavoro intenso di digestione), due stati entrambi incompatibili con la vita attiva.
Per di più, questa assunzione alimentare limitata ad uno o due pasti, è scorretta ed estenuante per il sistema digestivo e sollecita di più il metabolismo; nei giovani, il sovrappiù di questa abbondanza improvvisa, che non trova una utilizzazione immediata, viene immagazzinata in modo da favorire il formarsi di depositi.
Per questa ragione, lo stesso apporto calorico ripartito in più pasti nella giornata non avrà alcuna incidenza sull’equilibrio del peso, mentre, se assunto in una sola volta, favorirà l’obesità e le malattie digestive. È molto importante quindi non “saltare” i pasti e non incominciare la giornata con il più grossolano e diffuso errore alimentare, la soppressione della prima colazione.
L’alimentazione della giornata dovrebbe essere divisa in almeno tre pasti: la colazione, di un apporto proteico minimo di g 15, coprente dal 20 al 25% dell’apporto calorico totale invece del 5-10% (quindi dalle 500 alle 600 calorie); il pranzo di un apporto calorico del 40% invece del 55-60% (quindi dalle 850 alle 950 calorie); la cena di un apporto calorico del 35% (quindi dalle 750 alle 800 calorie).
La ricerca di un nuovo equilibrio alimentare è un’arma essenziale della lotta contro le “malattie della civilizzazione” tra le quali occupano il primo posto le malattie cardiovascolari. La nostra alimentazione, attualmente mal adattata ai bisogni reali, deve essere rimessa a punto e riconsiderata come problema di importanza primaria.
Occorre ricordarsi che anche la dieta deve essere considerata una cura, al pari della terapia con farmaci. Anche se la prescrizione dietetica occupa un posto di importanza capitale in cardiologia, non si può parlare di una dieta standard che possa essere adottata da tutte le persone affette da problemi cardiovascolari. Bisogna distinguere tra:
- diete destinate ai malati, che variano a seconda della natura della malattia;
- diete a scopo preventivo, dato che è ormai nota l’importanza dei fattori nutrizionali nella genesi dell’aterosclerosi e delle sue complicanze cardiache.
Il trattamento medico può trarre un enorme giovamento dall’essere associato ad un regime alimentare. Da una parte, infatti, non basta avere una cieca fiducia nel trattamento farmacologico, senza volere imporsi allo stesso tempo una certa “disciplina” o meglio una certa igiene di vita. Dall’altra parte, la dieta è un complemento della cura e molto spesso permette di ridurre la posologia di alcuni farmaci che, com’è noto, sono in genere provvisti di effetti secondari.
