Riflessioni sull’angioplastica primaria tardiva (oltre le 12 ore)
di Filippo Brandimarte
28 Aprile 2021

Sebbene il tasso di presentazione tardiva (oltre le 12 ore dalla comparsa dei sintomi) degli infarti con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) sia diminuita negli ultimi 20 anni, attualmente si stima essere ancora intorno al 10-12%. (1) Le linee guida statunitensi del 2013 raccomandano l’esecuzione dell’angioplastica primaria nei pazienti con STEMI che giungono tra le 12 e le 24 ore dall’insorgenza dei sintomi qualora presentino segni di ischemia in atto (classe IIa con livello di evidenza B), mentre la controparte europea del 2017 raccomanda l’esecuzione di tale procedura in tutti i casi di instabilità emodinamica con segni di ischemia in atto (Classe I con livello di evidenza C) e nei pazienti stabili che si presentano tra le 12 e le 48 ore (Classe IIa, livello di evidenza B). (2,3) La decisione di porre a 12 ore il breakpoint per definire uno STEMI tardivo, è bene ricordarlo, deriva dagli studi effettuati con la riperfusione tramite fibrinolitici che sembrerebbero perdere la loro efficacia dopo tale periodo di tempo. Ma nell’era della rivascolarizzazione percutanea sono applicabili gli stessi criteri? Quali sono gli outcomes a medio-lungo termine di una angioplastica effettuata oltre il breakpoint?

A questo proposito sull’ultimo numero di JACC sono stati pubblicati i risultati di un’analisi del registro prospettico multicentrico coreano KAMIR-HIH che ha incluso 5826 pazienti consecutivi con STEMI entro 48 ore dall’insorgenza dei sintomi e non precedentemente trattati con trombolisi (età media 62 anni e per il 78% di sesso maschile). (4) Questa coorte è stata successivamente suddivisa in STEMI precoci (n=5202, entro le 12 ore dall’insorgenza dei sintomi) e tardivi (n=624, tra le 12 e le 48 ore). Prima dell’angioplastica tutti i pazienti hanno ricevuto la dose di carico di aspirina (300 mg) e di un inibitore P2Y12 (Ticagrelor 180 mg, Prasugrel 60 mg o Clopidogrel 300-600 mg). Dopo la procedura tutti i pazienti hanno continuato l’aspirina per tutto il follow-up ed un inibitore P2Y12 per almeno 1 anno, mentre inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone, betabloccanti e statine sono stati prescritti secondo linee guida. L’endpoint primario era la mortalità per tutte le cause a 180 giorni e a 3 anni. Endpoint secondari erano la mortalità intrasoepdaliera ed eventi cardio e cerebrovascolari maggiori (MACCE, composito di mortalità per tutte le cause, infarto miocardico non fatale, angioplastica o bypass e ictus non fatale).

I pazienti con STEMI tardivi erano generalmente più anziani, più spesso di sesso femminile, diabetici, con una frequenza cardiaca più alta, meno frequentemente obesi, con valori di colesterolemia ed emoglobinici più bassi ed una più importante disfunzione sistolica con classe Killip II o III rispetto agli STEMI precoci. Allo studio emodinamico gli STEMI tardivi avevano una probabilità inferiore di essere sottoposti ad angioplastica primaria rispetto agli STEMI precoci (88% vs 95.1%, p<0.001), una probabilità maggiore di avere la lesione culprit sulla discendente anteriore ed infine una minore probabilità di avere un flusso TIMI 3 post procedurale. Durante il ricovero gli infarti tardivi avevano inoltre una probabilità maggiore di essere trattati con anticoagulanti e inferiore di ricevere potenti P2Y12 e betabloccanti.

L’evento morte si è verificato nel 5.6%, 7.2% e 11.2% rispettivamente nel periodo intraospedaliero, a 180 giorni e a 3 anni. Gli infarti tardivi hanno avuto degli outcomes clinici significativamente peggiori (guidati soprattutto dalla morte per cause cardiache) rispetto agli STEMI precoci: la mortalità intraospedaliera è infatti stata rispettivamente del 8% vs 5.3% (p=0.006), quella a 180 giorni del 10.7% vs 6.8% (p<0.001) e quella a 3 anni del 16.2% vs 10,6% (p<0.001). All’analisi di regressione multivariata la presentazione ospedaliera oltre le 12 ore non è stata, tuttavia, indipendentemente associata ad un aumento della mortalità a 180 giorni post STEMI mentre lo era il ricorso alla strategia di non effettuare una angioplastica primaria (HR: 1.82; 95% CI: da 1.37 to 2.43, p<0.001). Il ricorso a procedure interventistiche è, infatti, nettamente diminuito confrontando gli STEMI precoci rispetto a quelli con presentazione oltre le 12 ore (12.4% vs 4.9% per la strategia di non ricorrere all’angioplastica primaria, 6.6% vs 2.3% per la strategia di non effettuare procedure interventistiche, per entrambe p<0.001).

In accordo con le attuali conoscenze e con il celebre paradigma “time is muscle”, si conferma di fondamentale importanza giungere quanto prima alla rivascolarizzazione per ridurre la mortalità in questa delicata popolazione di pazienti e comunque entro le 12 ore in modo da ridurre l’estensione della necrosi responsabile della disfunzione sistolica all’esordio e contenere se non impedire il rimodellamento ventricolare, supposto fisiopatologico per lo sviluppo di insufficienza cardiaca. Oltre questo periodo, in una finestra temporale compresa tra le 12 e le 24 ore, la rivascolarizzazione percutanea potrebbe offrire vantaggi, come lascerebbe supporre il lavoro di Cho et al. Oltre le 24 ore si perderebbe qualsiasi beneficio. Naturalmente saranno necessarie ulteriori conferme prima di poter procedere in questa direzione. Queste incertezze sottendono ancora un’incompleta conoscenza dei meccanismi con cui le cellule miocardiche sfuggono alla morte in condizioni di scarsità di ossigeno e del complesso processo dinamico della instabilizzazione di placca, fenomeni che invariabilmente condizionano il tempo necessario a rendere il danno miocardico irreversibile.

 

Bibliografia

  1. Schömig A, Ndrepepa G, Kastrati A. Late myocardial salvage: time to recognize its reality in
    the reperfusion therapy of acute myocardial infarction. Eur Heart J 2006;27:1900–7.
  2. O’Gara PT, Kushner FG, Ascheim DD, et al. 2013 ACCF/AHA guideline for the management of ST elevation myocardial infarction: a report of the American College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. J Am Coll Cardiol 2013;61:e78–140.
  3. Ibanez B, James S, Agewall S, et al. 2017 ESC guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation: The Task Force for the Management of Acute Myocardial Infarction in Patients Presenting With ST-Segment Elevation of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2018;39:119–77.
  4. Cho KH, Han X, Ahn JH et al. Long-term oucomes of patients with late presentation of ST-segment elevation myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2021;77-1859-70.