La TAVI: approccio Minimalista o Massimalista?
di Francesco Prati intervista Francesco Saia
20 Aprile 2021

F. Prati: Al S. Orsola avete una grande esperienza nelle TAVI. Applicate il cosiddetto approccio minimalista. Che cosa significa?

F. Saia: Per TAVI minimalista si intende la messa in campo di una serie di semplificazioni procedurali e peri-procedurali volte in primo luogo a ridurre il grado di invasività dell’intervento e, al contempo, ad ottimizzare le risorse umane e strutturali necessarie per la TAVI. In pratica, questo si traduce con procedure eseguite in assenza di anestesia o sedazione e di assistenza anestesiologica, assenza di catetere venoso centrale e di catetere urinario, accesso secondario per via radiale, rimozione immediata del pace-maker temporaneo, trasferimento diretto in reparto senza ricovero in terapia intensiva o unità coronarica, mobilizzazione precoce ed eventuale dimissione precoce.

F. Prati: Questo atteggiamento non potrebbe compromettere la procedura, rendendola meno sicura?

F. Saia: Questa è una preoccupazione giustissima che richiede un approfondimento necessario a sgombrare il campo da equivoci. Il motto da seguire è TAVI “minimalista” nell’esecuzione della procedura, “massimalista” nella pianificazione procedurale e nella messa in campo di un protocollo di sicurezza standard e di uno personalizzato per il singolo paziente. Non si può in alcun modo accettare che la semplificazione della procedura comporti un aumento dei rischi per il paziente o l’esecuzione di procedure meno accurate. Al contrario, obiettivo dell’approccio minimalista è ridurre il rischio di complicanze periprocedurali mantenendo o migliorando gli standard qualitativi di impianto.

F. Prati: Minimalisti e massimalisti al tempo stesso. Ci descrivi nel dettaglio cosa fate.

F. Saia: Un aspetto fondamentale del nostro approccio, anche se non sufficiente, è la standardizzazione dei comportamenti da tenere nella preparazione dei pazienti alla TAVI, nell’esecuzione della procedura e nella gestione della fase post-procedurale. Abbiamo stilato dei protocolli operativi con linee guida e check-list da seguire in ogni fase del percorso terapeutico, comprendenti anche la gestione farmacologica. Per quanto riguarda la procedura in sè, l’adozione sistematica della puntura femorale eco-guidata e dell’accesso secondario per via radiale hanno contribuito a ridurre incidenza e severità delle complicanze vascolari. Nella pianificazione della procedura del singolo paziente vengono sempre considerati potenziali rischi aggiuntivi, viene discusso il piano di sicurezza con altre figure professionali, poi potenzialmente coinvolte direttamente in sala (cardiochirurghi, chirurghi vascolari, anestesisti) e viene preparato il materiale idoneo a minimizzare il rischio o gestire al meglio eventuali complicanze. Ci sono parametri per la rimozione precoce del pace-maker, che per le valvole balloon-expandable avviene quasi sempre in sala ma anche per le self-expanding è ridotto al minimo tempo necessario. Abbiamo adottato un protocollo di osservazione intensiva di 2 ore in emodinamica, in modo da escludere eventuali problematiche precoci, al termine delle quali medico e personale infermieristico confermano o meno il trasferimento diretto in reparto di cardiologia. La mobilizzazione precoce del paziente, a 6 ore dalla TAVI, quando possibile rappresenta un presidio molto utile per aiutare gli anziani a ritrovare rapidamente la loro autonomia, ridurre le complicanze legate all’allettamento prolungato (con associata necessità di cateterizzazione, aumentato rischio di disorientamento etc..) ed è propedeutico ad eventuale dimissione precoce.

F. Prati: Quali sono i vantaggi di un approccio di questo tipo ?

F. Saia: I vantaggi più intuitivi e facilmente misurabili derivano dalla semplificazione della logistica e dal ridotto impegno di personale, come gli anestesisti, e di attrezzature e posti letto di terapia intensiva, tanto più preziosi e carenti in questo periodo di pandemia da COVID. Questi fattori, insieme alla riduzione dei tempi di sala, hanno permesso di aumentare consistentemente il numero di procedure TAVI e di mantenere un buon volume di attività anche durante le ondate pandemiche. Allo stesso tempo, e questo è senz’altro il risultato certamente più importante, la standardizzazione dei comportamenti e la riduzione del grado di invasività delle procedure ci hanno permesso di ottenere dei risultati procedurali e clinici assolutamente in linea con i migliori standard attuali.

F. Prati: Esistono dati di letteratura o studi in corso?  

F. Saia: In letteratura sono riportate numerose esperienze di TAVI minimalista da parte di diversi gruppi a livello internazionale. Anche noi abbiamo recentemente riportato alcuni nostri dati sull’assenza routinaria di sedazione, assistenza anestesiologica e trasferimento diretto in reparto. Ci sono poi importanti registri prospettici multicentrici e internazionali, come il FAST-TAVI, europeo, al quale abbiamo preso parte, o allo studio nordamericano 3M. Questi ultimi, anche se disegnati principalmente per dimostrare sicurezza ed efficacia della dimissione precoce, hanno documentato eccellenti risultati clinici con approcci minimalisti in buona misura standardizzati.

F. Prati: In epoca COVID l’effettuazione di procedure complesse ed in elezione non è cosa semplice. Come siete riusciti a svolgere così tante TAVI nell’ultimo anno?

F. Saia: Buona parte del successo del nostro programma TAVI nell’ultimo anno è dovuto all’adozione delle misure di semplificazione procedurale e peri-procedurale su illustrate. Bisogna però dire che abbiamo anche noi sofferto di momenti di riduzione obbligata dell’attività elettiva. In quei momenti, grazie a un intenso lavoro relazionale con i pazienti in lista, tutti contattati e ricontattati periodicamente da personale sanitario, abbiamo garantito le procedure ai pazienti instabili e urgenti cercando poi di recuperare le procedure elettive nei momenti di riapertura dei ricoveri.

F. Prati: Vogliamo ricordare quali sono le indicazioni attuali alla TAVI, alla luce di evidenze e linee guida?

F. Saia: La TAVI ha ormai nelle linee guida americane un’indicazione di Classe I, massimo livello di raccomandazione, con livello di evidenza di tipo A, massimo livello di evidenza, per tutte le classi di rischio cardiochirurgico. Raccomandazioni simili sono prevedibili per le nuove linee guida europee di prossimo rilascio. La TAVI transfemorale rappresenta la prima scelta per pazienti ultraottantenni, mentre la scelta tra TAVI e cardiochirurgia per pazienti tra 65 e 80 anni va fatta dall’Heart team con valutazione caso per caso. Restano alcuni ragionevoli dubbi su come trattare i pazienti più giovani (65-70 anni), per la mancanza di sufficienti dati di sicurezza ed efficacia a lungo termine (>5-10 anni) per la TAVI. Saranno opportuni anche confronti diretti tra i device transcatetere, per chiarire se possano o meno essere tutti indicati in pazienti giovani ed a basso rischio chirurgico. Al contempo però, avanzano importanti considerazioni sull’opportunità che, anche per i pazienti avviati a cardiochirurgia, siano scelte protesi più rigorosamente testate e che, in un’ottica di eventuale necessità di reintervento, siano favorevoli ad un trattamento transcatetere.